Copertina 5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:43 min.
Etichetta:Nuclear Blast
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. SET ME FREE
  2. SHOW YOUR FIST
  3. INSTINCT
  4. BURN
  5. THE HOLY NOISE
  6. FUCK YOU ALL
  7. UNITED NATIONS
  8. LAND OF PAIN
  9. I BREAK YOU
  10. YOU GET WHAT YOU GIVE
  11. UNTIL THE END
  12. I WILL

Line up

  • Zoltàn Farkas: vocals
  • Tomas Schrottner: guitars
  • Csaba Farkas: bass
  • Jòzsef Szakàcs: drums

Voto medio utenti

Esattamente un anno fa cantavo e squarciagola le lodi dei magiari, di origine tzigana, Ektomorf e del loro primo disco su Nuclear Blast: “Destroy”. A distanza esatta di un anno i nostri ritornano con il nuovo “Instinct” sul quale vorrei ragionare con voi. Pur non conoscendo tutta la discografia della band, la quale è addirittura al sesto disco, devo ammettere che il precedente “Destroy”, pur avendo più di qualche debito con band come Soulfly e Sepultura, suonava molto spontaneo, viscerale, e si faceva perdonare la sua derivatività, anche grazie a trovate, come gli inserti tzigani, che aiutavano a variegare il disco. Il nuovo “Instinct” segue quella falsariga, con l’aggravante da una parte quindi di essere il disco clone di un disco che già di per sé era un’unica citazione dell’opera omnia di Max Cavalera e parenti vari, dall’altra, ed è questa la cosa grave, di essersi appiattiti ancora di più su quel tipo di sound, perdendo di vista le buone intuizioni di “Destroy”, asciugando il suono e rendendolo a tratti più minimale, anche se forse ne guadagna in impatto, e quindi in definitiva offrendo un prodotto che oserei definire più ordinario. Certo ci sono ancora gli inserti di musica tzigana, come nel finale di “Burn”, in “United Nations” e “Land Of Pain”, ma il resto è metal core trito e ritrito, seppur d’impatto.
L’impatto è l’unica componente che nobilita questo disco, fortemente supportato ancora una volta dalla produzione di Tue Madsen e dei suoi Antfarm Studios, e vi basti ascoltare pezzi come “Fuck You All” e “You Get What You Give”. L’impatto di “Destroy” aveva però una componente più dinamica, più convulsa e schizoide, qui invece troviamo un tipo d’impatto più ordinario, più scontato, che si basa quasi totalmente su un assalto frontale tanto diretto quanto, talvolta, noioso.
Il cantante Zoltan Farkas continua, inoltre, imperterrito nella sua opera che è quella di copiare spudoratamente tanto a livello lirico, quanto a livello vocale, Max Cavalera.
Gli Ektomorf mi sono simpatici, anche in sede di intervista mi hanno colpito, ma non posso sottacere che questo disco se lo potevano anche risparmiare, ed è solo la simpatia nonché il ricordo di “Destroy” che mi impediscono di calcare la mano come altrimenti avrei fatto per qualsiasi altra band. Però c’è da dire che gli Ektomorf non sono una band inutile, ma rappresentano un valido diversivo in attesa che Sepultura e Soulfly tornino a fare musica decente, o che, e sarebbe la cosa migliore, si rimettano insieme per spaccare culi come al tempo di “Roots”.Ecco, non nominatemi “Roots” altrimenti mi commuovo…
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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