Copertina 5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2014
Durata:44 min.
Etichetta:Century Media

Tracklist

  1. EL ALTAR DEL DIOS DESCONOCIDO
  2. DEATH AND THE LABYRINTH
  3. AT WAR WITH REALITY
  4. THE CIRCULAR RUINS
  5. HEROES AND TOMBS
  6. THE CONSPIRACY OF THE BLIND
  7. ORDER FROM CHAOS
  8. THE BOOK OF SAND (THE ABOMINATION)
  9. THE HEAD OF THE HYDRA
  10. CITY OF MIRRORS
  11. EATER OF GODS
  12. UPON PILLARS OF DUST
  13. THE NIGHT ETERNAL

Line up

  • Jonas Björler: bass
  • Adrian Erlandsson: drums
  • Anders Björler: guitars
  • Tomas "Tompa" Lindberg: vocals
  • Martin Larsson: guitars

Voto medio utenti

Tutti, tutti i siti specializzati (soprattutto quelli americani) esaltano questo album, parlano di questo ritorno degli At The Gates come "il disco migliore dell'anno", "... dà dipendenza come l'eroina", "... At War With Reality è il disco di comeback migliore della storia del metal!". Da me queste parole non le sentirete di certo, non sentirete nemmeno offese, perché ho un buon autocontrollo.

Com'è dunque il nuovo At The Gates? Una presa per il culo.
E ora sapete anche che non sono dotato di un grande autocontrollo.
Perché questa reazione? Perché questo sdegno di fronte ad uno dei gruppi con cui sono cresciuto, a cui sono più affezionato?
Semplicemente perché si poteva e si doveva evitare.

Mentre scrivo ho in mano una copia autografata di The Flames Of The End, triplo DVD contenente un documentario sulla band, concerti e rarità, fatto uscire nel 2010 a celebrazione della reunion degli svedesi sui palchi. Benissimo, ben vengano queste resurrezioni dal vivo ma la cosa si doveva chiudere qui, come insegnano Twisted Sister ed Emperor. Almeno, così è come la penso io.

Scazzi interni dovuti ad una direzione incerta dei The Haunted (l'altra band dei gemelli Björler e di Erlandsson), l'iperattività di Tompa Lindberg, il profumo di euro e la celebrità (che per gli At The Gates è stata solo postuma), hanno convinto i Nostri a produrre materiale inedito sotto lo storico nome ad appena 19 anni di distanza da quello Slaughter of The Soul riconosciuto come pilastro del melodic death scandinavo.

E il nuovo At War With Reality parte proprio da qui. Dopo l'intro spagnoleggiante, Death At The Labyrinth riprende il tupa tupa di Blinded by Fear e la sua struttura (opener di Slughter of The Soul, per i kryptoniani), rendendo immediato fischiettarci sopra la vecchia melodia, diventata ormai materia scolastica per i giovani metaller. Che uno può anche pensare che sia un fatto positivo il ricominciare da dove ci si era lasciati no? Illusione. Tolta la successiva title track dai bei riff che richiamano molto i The Haunted, quello che segue è la fiera della mediocrità, un'accozzaglia di canzonette insipide che avrebbe potuto scrivere qualsiasi band melodic death e si sarebbe presa un 6/6,5 di stima. Qui però non si può. Se il gruppo portabandiera di un certo modo di intendere il death, capostipite del sound di Gothenbourg, si mette a fare un disco con b-sides di loro vecchi lavori, la vena mi si gonfia. Non dico di recuperare sonorità di The Red in The Sky Is Ours oppure With Fear I Kiss The Bourning Darkness (il mio preferito), erano ragazzi e sarebbe totalmente irrealistico avere pretese di questo tipo, però dai... Analizzandolo a mente fredda, quello che rimane dopo l'ascolto (ripetuto più e più volte, malfidati) è tanta melodia, negli assoli e nei riff, senza che nulla di incisivo sia riuscito ad attirare l'attenzione. Un mood goticheggiante pervade il lavoro, da The Circular Ruins a The Head of The Hydra son tutti pezzi carucci ma insipidi, che non affondano mai, con quest'aura vagamente dark perenne. Sul finire del disco sono piazzate Eater of Gods e Upon Pillar Of Dust che partono entrambe in modo carico, tu ci credi, poi si fanno immancabilmente melodiche, non affondano il colpo e ti viene da pensare "Ma che hanno? Paura?".

Gli arrangiamenti sono molto curati, qualche riff indovinato c'è, la voce di Tompa è sempre marcia a dovere e, come dice il buon Emiliano "Kalhyma" Verrecchia, "farebbe suonare At The Gates anche un ave Maria" ma, ripeto, l'aspetto melodico ha troppa presenza e non ha una direzione. Rimanendo nei paraggi, Exit Wounds, l'ultima fatica dei The Hauted uscita tra l'indifferenza generale il 25 agosto, è molto ma molto meglio.
Un comeback che si poteva evitare, che non aggiunge nulla, se non note stonate, ad una carriera avvolta sinora nella leggenda.

Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 11 gen 2015 alle 13:33

buon disco con perlomeno 3 pezzi che entrano di diritto nei loro classici. non merita a mio parere stroncature come le qui presenti . voto 7,5/8 vamos

Inserito il 11 gen 2015 alle 12:09

Copio-incollo un commento lasciato in altra sede. "In questo disco non ci sono novità di sicuro, la sua unica pecca è di non avere il mordente, la fame che si sentiva in SOTS. I pezzi sono più introspettivi, manca quella fucilata che ti fa amare subito "Cold" o la title-track, o quell'oggetto misterioso che è la perfezione in terra di "Blinded By Fear". Per quanto mi riguarda più che gradito ritorno, "necessario" ritorno; di certo questo album non lascerà il segno come il precedente (umanamente impossibile), ma trovo ingiusto confrontarsi con SOTS. Le congiunzioni astrali capitano una volta sola. 80/100 11/01/2015"

Inserito il 29 ott 2014 alle 16:02

Sono perfettamente d'accordo con te Frank ("dotta" citazione inclusa (per la quale ti ringrazio)). Non credo che gli At The Gates avessero bisogno di una scusa per andare in tour, anche perchè il 90% di chi andrà a vederli non si sposterà certo per sentire questi pezzi, ma tant'è, la moda delle $reunion$ colpisce un po' tutti, peccato che anche uno dei gruppi cardine del death svedese si sia lasciato infettare da questo morbo, per fortuna l'antidoto è codificato nella loro stessa storia

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