Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2014
Durata:39 min.
Etichetta:Livewire/Cargo Records

Tracklist

  1. JUSTICE FOR ONE (ORIGINALLY BY JOHN FARNHAM)
  2. LOVE IS BLIND (ORIGINALLY BY JOHN O’BANION)
  3. COUNTING STARS (ORIGINALLY BY ONE REPUBLIC)
  4. SOULS (ORIGINALLY BY RICK SPRINGFIELD)
  5. DON'T LOOK BACK (BRAND NEW FROM HOUSTON)
  6. CRUISE (ORIGINALLY BY FLORIDA GEORGIA LINE)
  7. DO WHAT YOU WANT (ORIGINALLY BY LADY GAGA)
  8. OUR LOVE (BRAND NEW FROM HOUSTON)
  9. DOWNTOWN (BRAND NEW FROM HOUSTON)
  10. STANDING ON THE MOON (BRAND NEW FROM HOUSTON)

Line up

  • Hank Erix: vocals
  • Ricky Delin: keyboards, backing vocals
  • Soufian Ma'Aoui: bass
  • Calle Hammar: guitars, backing vocals
  • Victor Lundberg: keyboards, backing vocals
  • Oscar Lundström: drums

Voto medio utenti

Houston abbiamo un problema” … mi scuserete, spero, se nonostante l’evidente banalità, non ho resistito a mutuare la famosa frase passata alla storia come il simbolo del fallimento della missione Apollo 13, per rimarcare un piccolo passo falso nella (breve) parabola musicale di questi bravi AOR-sters svedesi.
Avevo ampiamente apprezzato il primo episodio di “Relaunch”, identificandolo come una sorta di omaggio ai verosimili maestri degli Houston, rilevando devozione e personalità nell’affrontare una sfida così impegnativa e “rischiosa”, ma francamente nutro molte perplessità sulle scelte che hanno condotto a questo sequel.
Prima di tutto l’aspetto “etico” della questione … due album di cover sono ammissibili per artisti dalla carriera discografica “sostanziosa”, meno per degli “emergenti” con appena un paio di titoli all’attivo come i nostri scandinavi.
In secondo luogo la selezione dei pezzi si rivela fin troppo “gigiona”, mescolando personaggi importanti della scena di riferimento (John Farnham e Rick Springfield), nomi leggermente di “nicchia” (almeno dalle nostre parti … John O’Banion e Florida Georgia Line) e chart-busters (One Republic, Lady Gaga), in un’operazione che olezza molto di furberia e di ostentazione della propria ecletticità.
Infine, ed è in ultima analisi l’aspetto prioritario, le trascrizioni, seppur impeccabili sotto il profilo tecnico-interpretativo, si dimostrano abbastanza “prevedibili” (“Justice for one”, “Love is blind”, “Souls”), “inoffensive” (“Cruise”), vagamente “moleste” (“Do what you want”, cantata con Lizette Von Panajott) o al limite un piacevole “diversivo” (“Counting stars”, un duetto con Victor Lundberg), e nulla “aggiungono” al profilo artistico di una band dalle notevoli qualità qui abbastanza inibite.
Doti che riemergono fortunatamente nei quattro brani inediti del disco, materiale di ottimo livello (soprattutto “Don't look back” e “Our love”) che tranquillizza chi aveva inserito i nostri tra le “promesse” più interessanti del panorama melodico.
Niente paura … ci sarà tempo e modo per correggere la rotta e riprendere a puntare dritto verso l’Olympus Mons di settore, a cui gli Houston, per mezzi e attitudine, possono certamente ambire.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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