Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2013
Durata:45 min.
Etichetta:Punishment 18 Records

Tracklist

  1. CONFESSION
  2. WALKING THROUGH HELL
  3. THROUGH YOUR EYES
  4. BETRAYED
  5. DIE INSIDE
  6. GOOD FRIDAY THRASH
  7. GET WHAT YOU CAN GET
  8. FACE YOUR DEMON
  9. CREATURE OF HABIT
  10. BASS WANKAGE
  11. BLACK HOLE

Line up

  • Chris McEwen: vocals, bass
  • Phil Bennett: lead & rhythm guitar, backing vocals
  • Jay Rahaley: drums

Voto medio utenti

Ultimamente, causa recensioni, sto facendo una scorpacciata di dischi thrash, e come è giusto che sia sono passato da band veramente interessanti (Suicidal Angels, Harlott), a ciofeche assurde (Battery, Discipline X). È inevitabile, quindi, che prima o poi arrivi anche l’album che si piazza nel mezzo, quello che non è brutto ma che non è neanche chissà che.

È il caso degli Hidden Intent, che ci propinano l’ennesimo disco di thrash metal, questa volta di chiarissimo stampo americano. Perché lasciarlo nel limbo, quindi? Perché le idee ci sono, la band sa suonare e picchia duro, ma… perché è ovvio che c’è un ma… Intanto l’album scivola via senza particolari sussulti. Si fa ascoltare, è piacevole, vi fa scapocciare, però non lascia particolari segni sulla vostra pelle, il che non depone particolarmente a suo favore. E secondo perché fin dalle prime note il fantasma dei Sacred Reich aleggia prepotentemente sulle teste degli australiani, grazie alla voce di Chris McEwen che ricorda pericolosamente quella di Phil Rind, e anche grazie a riff e soluzioni ritmiche molto care alla band di Rind. Però, con tutto l’affetto per il trio in questione, a questo punto metto sul piatto “Ignorance”, che con due soli riff spazza via l’intero “Walking through Hell” e non se ne parla più.

Anche perché gli Hidden Intent hanno forse indugiato troppo sui mid tempo, e quindi ok, il groove aumenta, ma in contemporanea sale anche una certa noia, se non si è in grado di variarli, questi mid tempo… E anche la particolarità a cui fa riferimento la bio, e cioè i ‘bass fills’, alla fine si rivela una mezza presa per i fondelli, visto che il buon Chris non fa altro che il suo mestiere, e cioè quello di riempire il vuoto lasciato dalla seconda chitarra, cosa normalissima in un trio, di qualsiasi genere si parli.

Insomma, l’idea che ho avuto è che la band abbia tanta buona volontà, sicuramente, e per cercare di emergere dalla massa abbia cercato qualche particolarità a cui appigliarsi, ma tutto sommato non c’è riuscita fino in fondo. Brani buoni ce ne sono, ripeto, però nulla che emerga rispetto al resto, per cui evito proprio di nominarveli. Ascoltatevi il disco tutto di fila, almeno questo ai nostri potete concederlo, però poi passate pure oltre, o, come ho detto prima, rispolverate “Ignorance” e “The american way”, perché, come sempre, gli originali non si battono…
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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