Porn - Wine, Women and Song…

Copertina 7

Info

Anno di uscita:2004
Durata:52 min.
Etichetta:Small Stone
Distribuzione:Brainstorm

Tracklist

  1. SUCCULENTO
  2. MASTODON ENTRÉE
  3. GLORY WILL BE MINE
  4. MORNING STAR RISING
  5. THE FIVE BOOKS OF THE AENEAS
  6. LAST SONG

Line up

  • Tim Moss: guitar, vocals
  • Billy Anderson: bass
  • Dale Crover: drums

Voto medio utenti

I Porn (già The Men of Porn..) sono una specie di formazione aperta all’incirca sul modello delle Desert Sessions, solamente molto meno affollata. Motore dell’iniziativa è il geniale chitarrista/cantante Tim Moss, il quale si avvale di volta in volta, sia in studio che dal vivo, di qualche amico-collaboratore in numero assolutamente variabile. Stavolta sono stati sufficenti due personaggi per confezionare il lavoro, anche perché si tratta di nomi piuttosto importanti della scena underground heavy-stoner: il produttore-musicista Billy Anderson, qui in veste di bassista e co-produttore, ed il batterista Dale Crover (Melvins).
Malgrado la mutevolezza dei componenti, i Porn vantano un’identità musicale ben precisa e riconoscibile ed in quest’ultimo album proseguono il discorso cominciato nel ’99 con l’esordio “American style” (Man’s Ruin), linea ribadita ed ampliata dall’allucinato “Experiments in feedback” (Small Stone, 2001).
”Wine, women and song” si pone stilisticamente a metà strada tra i due predecessori, riprendendo in parte una struttura più vicina alla forma-canzone come fu al debutto, allo stesso tempo elaborando le sperimentazioni sonore che spadroneggiavano nel disco di tre anni fa.
Un sound denso, ostile, magnetico, drogato, prevalentemente strumentale e zeppo di ipnotici ritmi drone costituiti dal mix tra un tambureggiante tappeto percussivo ed un erculeo basso demolitore. Sulla pesante base martellante, con evidenti connotati doom e sludge ma priva degli eccessi funerei dell’uno e della staticità monolitica dell’altro, scorrazza libera la chitarra di Moss rovesciando un fiume di feedback, fuzz-riffs, assoli acido-paranoici, trip-noise, psichedelia ultra-heavy e quant’altro, tenendo però sempre d’occhio una traccia guida anche quando il brano assume le sembianze della jam tossica e sconfinata rischiando di perdersi nel caos sregolato, vedi i dodici minuti dell’iniziale “Succulento” imponente sbarramento da superare per captare in pieno l’ottica free-rock propugnata dai Porn.
Per dare un punto di riferimento c’è una certa analogia con le dirompenti cavalcate dei disciolti Karma to Burn, questione di volumi esagerati e dilatazioni distorte, con la differenza che qui saltuariamente compaiono vocals granulose (“Mastodon entree”) pur se rappresentano soltanto appendici secondarie utili a dare respiro mentre si sprofonda nel gorgo strumentale. “Glory will be mine” e “Morning star rising” sono quanto di più vicino possa esprimere il gruppo ad una canzone dai limiti definiti, sebbene la consistenza e l’andamento sia quella del magma lavico dentro condotti d’acciaio e possa ricordare la frenesia astiosa degli ultimi High on Fire, ma comprimere questo tipo di musica nelle ridotte tempistiche tradizionali non è cosa che possa verificarsi troppo sovente. Infatti il pezzo forte arriva con la colossale “The five books of Aeneas”, un’unica suite divisa per convenienza in cinque capitoli. Drone, sludge, psych, space, assalti tellurici e spezzettamenti onirici, heavy rock in ogni forma e soluzione in questo quarto d’ora di altalena d’emozioni libera da sbarramenti, che farebbe felice non soltanto pionieri come Hawkwind o Pink Floyd ma anche sperimentatori contemporanei come i nostri fantastici Ufomammut. Indubbiamente dispersivo e debordante, ma affascinante come un’immagine caleidoscopica capace di mostrare sempre nuove e colorite sfaccettature.
Ottimo livello, che si conferma con toni ancor più esasperati nell’hypno-heavy conclusivo “Last song”, miscelando accellerazioni speed, rallentamenti pachidermici, distorsioni psicotiche e vocals dementi, in un macigno alternativo intricato e cupamente ossessivo.
Inutile dire che i Porn non sono un gruppo di facile ascolto, se il vostro ideale sono i coretti easy-listening o se per musica articolata intendete i pastrocchi sinfonici, siete in direzione opposta a questo album. Invece chi ama le contaminazioni, il caos controllato, lo stoner fuori dagli schemi Kyussiani, l’heavy massiccio senza regole precise, la musica che ti assorbe e ti stordisce, può provare a spingersi dentro le visioni del trio con buona possibilità di trovarsi a proprio agio. Moss e soci hanno trovato un buon equilibrio tra normalità ed eccesso, concretezza e ricerca di nuove soluzioni, sfornando l’album più maturo della breve storia di questa formazione.

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