Copertina 6

Info

Anno di uscita:2014
Durata:44 min.
Etichetta:Trollmusic

Tracklist

  1. WOUDAKOESTIEK
  2. ZWARTWILDERNIS
  3. VERWEVEN KLAUWEN
  4. 1911
  5. HABITAT
  6. O PATRONES
  7. ADEL DES GEMOEDS
  8. FOREEST IN TWEELICHT
  9. ONDERMAANS

Line up

  • Mark Kwint: lead, harmony & grim vocals, rhythm and lead guitars, acoustic guitars, flute
  • Jasper Strik: keys, piano, FX, programming
  • GUEST
  • Erik Sprooten: solo
  • Koen de Graaf: grunts
  • Arjan Hoekstra: bass, harmony vocals
  • Hanna van Gorcum: female vocals

Voto medio utenti

Eccoci dunque arrivati all'ennesimo progetto musicale nel campo del folk/pagan metal. Questa volta si tratta degli Alvenrad, formazione sperimentale creata da Mark Kwint e Jasper Strik, che propone uno strano tipo di metal folkeggiante influenzato da diversi altri generi, come black e progressive. Fra le band che si possono annoverare fra le ispirazioni di questo gruppo vi sono Borknagar, Vintersorg, Jethro Tull e Uriah Heep. Come potete vedere si tratta di influenze talmente diverse che non possono essere facilmente mescolate nella creazione di un nuovo sound, ammesso che l'esperimento sia effettivamente riuscito. Ed è ancora questo il dubbio che permane nella mia mente. Nessuna incertezza invece sulla qualità dei musicisti che hanno ben chiaro da dove prendere gli elementi che servono alla composizione dei loro pezzi, come ad esempio l'inserimento dei flauti stile Jethro Tull o delle tastiere simil Uriah Heep, oppure il cantato e le atmosfere tipiche del black metal. Una miscela che avrebbe potuto essere veramente esplosiva, ma, a mio parere, manca qualcosa. All'interno di Habitat, titolo del disco in questione, vi sono pezzi molto buoni, come l'opener Woudakoestiek, ed altri che lasciano qualche punto di domanda. Un'altra scelta apprezzabile da parte degli Alvenrad è stata quella di mantenere il cantato nella lingua madre, particolare che rende il tutto un po' più intrigante.
Passiamo ora al disco in se stesso. Habitat è composto da nove tracce per circa quarantaquattro minuti di musica. L'opener è la già citata Woudakoestiek, un bel colpo di genio. Un riff accattivante stile hard-rock, un sound molto orecchiabile, qualche elemento black e tastiere discese dagli anni Settanta, creano una bella fusione di tutte le influenze elencate in precedenza. La seconda traccia Zwatwildernis vede ancora un ampio uso delle tastiere e la melodia non è di certo da disprezzare, si tratta di un proto-folk settantiano dove gli Alverand puntano a diffondere allegria e spensieratezza nell'ascoltatore. Arrivati circa alla metà del pezzo ci si trova catapultati direttamente negli anni Settanta, con un pizzico di epicità e un ritmo scatenato. Proprio qui sorge un dubbio riguardante la struttura. Il brano è di buona fattura, ma sembra spezzato in due parti, facendo pensare quasi a pezzi diversi. La seguente è Verweven Klauwen, nella quale regnano delle parti altamente evocative, simili al genere pagan/folk scandinavo, alternate a momenti dove l'uso del flauto riporta alla mente i Jethro Tull. In 1911 si parte immediatamente con ritmo e sonorità black che segneranno quasi tutta la canzone, tranne che per il chorus, cantato in pulito. Questo pezzo si configura come un altro esperimento abbastanza riuscito per gli Alvenrad. Si passa poi alla title-track, Habitat, dove è ancora presente il cantato stile black intervallato al pulito, il ritmo e il riffing stavolta si avvicinano maggiormente ad un heavy/power con istanti dedicati al folk. O Patrones è segnata da una apprezzabile melodia di piano coadiuvata dalla chitarra distorta che lasciano man mano il posto ad una traccia veloce con degli elementi black, sempre presenti ma meno marcati, ed una esecuzione vocale ancora una volta diversa; in questo Mark Kwint è veramente abile, capace di cambiare maschera di volta in volta a seconda di ciò che richiede il pezzo. Adel des Gemoeds è un intermezzo dove regnano il pianoforte, l'atmosfera rilassante e misteriosa, e delle struggenti linee di chitarra senza distorsione. Foreest in Tweelicht riporta da subito in auge il ritmo black, che repentinamente si tramuta in hard-rock anni Settanta, che successivamente si trasforma ancora in una sorta di epic, che poi ritorna black, ecc. Insomma avete capito che la trascrizione in parole di quello che tentano di fare gli Alvenrad è assai ardua. Ondermaans è la closing track di Habitat, una ballad acustica adornata e chiusa dal suono dei flauti.
Alla fine del disco non si può di certo dire di essersi annoiati, la vera sensazione è anzi quella di una qualche confusione. Le potenzialità di questo gruppo sono seriamente di alto livello e pure l'idea di mescolare black, folk e hard-rock anni Settanta non è per nulla semplice e scontata. Resto in dubbio sull'eterogeneità del songwriting, in attesa di un nuovo capitolo targato Alvenrad. Nel mentre assegno una sufficienza momentanea.

Video di Woudakoestiek

Recensione a cura di Stefano Giorgianni

Ultime opinioni dei lettori

Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?

Ultimi commenti dei lettori

Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?
Queste informazioni possono essere state inserite da utenti in maniera non controllata. Lo staff di Metal.it non si assume alcuna responsabilità riguardante la loro validità o correttezza.