Copertina 9

Info

Anno di uscita:2004
Durata:71 min.
Etichetta:Inside Out
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THE INHABITANTS OF HIS DIARY
  2. YOU BROKE THE SUN
  3. SILENCE
  4. FAR AWAY FROM HEAVEN
  5. COPPERMOON (THE OTHER SIDE)
  6. HYPERION SUNSET
  7. GOD’S DRIFTWOOD
  8. RADIO EARTH
  9. ABYDOS
  10. GREEN’S GUIDANCE FOR A STRATEGY ADVENTURE GAME
  11. WILDFLOWERSKY
  12. A BOY NAMED FLY

Line up

  • Andy Kuntz: vocals
  • Stefan Glass: guitars, keyboards
  • Michael Krauss: guitars, keyboards
  • Andreas Lill: drums

Voto medio utenti

Produttore, talent scout, pittore, attore di musical (Rocky Horror Picture Show, Jesus Christ Superstar, Evita, Nostradamus) e voce storica della prog band tedesca Vanden Plas: Andy Kuntz dubutta finalmente con il suo nuovo progetto solista.
Abydos, antica città egizia, luogo di culto di Osiride, Dio della perpetua reincarnazione, e sede di uno dei primi teatri dell’antichità: quale luogo migliore per ambientare questa Rock Opera tratta da una commedia che Kuntz si sta vedendo contendere dai teatri di tutto il mondo?
Il triste spunto per la stesura di “Abydos” gli viene offerto dal crudele destino che nel giro di un anno gli strappa quattro persone care tra cui il padre. Far rivivere gli affetti scomparsi nella città della eterna reincarnazione è la perfetta soluzione cui Kuntz ricorre per creare questo suo nuovo lavoro. Il risultato è questa opera maestosa, intensa e drammatica, strepitosa nella sua varietà. Contrariamente alle Rock Opera tradizionali non vengono messi in scena personaggi diversi ma un unico io narrante interpretato da un Andy Kuntz inconfondibile ed incredibilmente ispirato che senza dubbio risulta nettamente migliorato persino rispetto alle migliori uscite dei Vanden Plas. La strumentale “The Inhabitants Of His Diary” irrompe con il suo ritmo progressivo e massiccio costruito attorno a un incalzante drumming per poi sfumare con un sospiro nella lieve e commovente “You Broke The Sun”, lento orchestrale percorso da vocalizzi che molto ricordano James La Brie, chiuso da un coro epico ed imponente. Tono solenne e granitico per “Silence”, brano in puro stile heavy prog con tanto di break di keyboards che ricorderà a molti grandi act come Threshold o Dream Theater; grandissima la prova di Kuntz che si dimostra un grande attore e un grande interprete e carica le sue liriche di una grande tensione emotiva. La struggente “Far Away From Heaven” è uno dei momenti più alti di questo platter, una ballad sontuosa ma dolcissima, semplice nonostante gli arrangiamenti corposi dell’orchestra e i cori elaborati. Eccellenti dialoghi tastiere-chitarre costituiscono la struttura portante di “Coppermoon (The Other Side)”, track squisitamente prog con energici cambi di tempo da manuale. Più complessa la struttura di “Hyperion Sunset”, brano che richiede un ascolto attento, non essendo immediato quanto le precedenti tracce ma che senza dubbio riesce nel chiaro intento di scuotere l’ascoltatore. La creatività abbonda in “God’s Driftwood”, brano pluri-stratificato che passa da toni psichedelici a riffs settantini con estrema versatilità, accentuando il contrasto tra le placide chitarre acustiche dell’intro e il virtuosismo strumentale delle parti centrali e conclusive. “Radio Earth”, morbida e ipnotica, sembra provenire dal passato, 30-35 anni fa circa: splendida la melodia e le soluzioni vocali, e ancora più splendide le chitarre nel finale. Una voce solitaria introduce la solenne title-track che tocca uno dei momenti più drammatici dell’opera e intrappola l’ascoltatore nelle mistiche segrete del tempio di Osiride; il modo in cui piano e tastiere rendono l’atmosfera narrativa di questo brano è semplicemente geniale e non avrebbe potuto essere meglio architettato.
Poco più di un minuto e mezzo di sintetizzatore che accompagna una voce robotica presa in prestito dal futuro per “Green’s Guidance For A Strategy Adventure Game” cui spetta il compito di introdurre la successiva “Wildflowersky”, brano dalla struttura imprevedibile e varia, solcata da un eccellente basso e improvvisamente proiettata in un onirico circo francese. L’effetto di questa track è una corsa sulle montagne russe.
Il vero capolavoro di “Abydos” è la conclusiva “A Boy Named Fly”, dodici minuti di puro splendore articolato tra passaggi à la Queen, assolo mozzafiato e aperture melodiche di una finezza ineguagliabile mentre Kuntz supera se stesso con una interpretazione che va dritto al cuore. Geniale la chitarra acustica che riprende il riff di “Far Away From Heaven” e fa davvero commuovere. Nel finale una voce femminile si rende protagonista di una fugace ma intensa apparizione.
Non mancano nel corso di questo album lievi cali di tensione pienamente giustificabili in vista di una messa in scena teatrale in cui saranno necessari momenti che ne rallentino la tensione drammatica. Nel complesso questa è un’opera in cui la melodia è sempre in primo piano sostenuta da arrangiamenti orchestrali grandiosi e carichi di pathos. Prog anni ’70, rimandi a Queen, Dream Theater, Queensryche, Pink Floyd e atmosfere antiche si rincorrono e diventano tutt’uno in questo suggestivo contesto narrativo.
La produzione è eccelsa, rasenta la perfezione con i suoi suoni esageratamente puliti che non lasciano spazio a sbavature di sorta.
Abydos è un album a cui i fans del prog, dei Vanden Plas e i cultori dei musical non possono rinunciare: lasciarselo scappare sarebbe davvero un delitto. A quando in teatro?
Recensione a cura di Elena Mascaro

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