Alcatrazz - Disturbing The Peace - Reissue

Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2014
Durata:non disponibile
Etichetta:Metal Mind Productions

Tracklist

  1. GOD BLESSED VIDEO
  2. MERCY
  3. WILL YOU BE HOME TONIGHT
  4. WIRE AND WOOD
  5. DESERT DIAMOND
  6. STRIPPER
  7. PAINTED LOVER
  8. LIGHTER SHADE OF GREEN' (INSTRUMENTAL)
  9. SONS AND LOVERS
  10. SKYFYRE
  11. BREAKING THE HEART OF THE CITY
  12. GENERAL HOSPITAL (BONUS TRACK - LIVE AT THE COUNTRY CLUB, RESEDA)
  13. KREE NAKOORIE (BONUS TRACK - LIVE AT THE COUNTRY CLUB, RESEDA)
  14. KOUJOU NO TSUKI (BONUS TRACK - LIVE IN TOKYO)

Line up

  • Steve Vai: guitars
  • Graham Bonnet: vocals
  • Gary Shea: bass
  • Jan Uvena: drums
  • Jimmy Waldo: keyboards

Voto medio utenti

A parità di (straordinaria) dotazione specialistica, è meglio un musicista rigoroso e un po’ “sbrodolone” o uno fantasioso e talvolta leggermente “enigmatico”? La diatriba è annosa, con i sostenitori degli opposti schieramenti sempre pronti a difendere a spada tratta i propri modelli di riferimento. Per quanto riguarda uno degli strumenti fondamentali del rock n’ roll, la chitarra, Yngwie Malmsteen, da un lato, e Steve Vai, dall’altro, incarnano in maniera esemplare i due diversi approcci alla materia, e cosa c’è di più efficace di un gruppo in cui hanno militato entrambi per cercare di dirimere la questione?
Mi spiace … forse perché non sono un “tecnico” e ho sempre cercato di basare le mie valutazioni da musicofilo sull’ispirazione e sull’attitudine, subordinate poi entrambe al giudizio superiore del “gusto personale”, non sono in grado di fornire indicazioni utili al “dibattito”, considerando, nello specifico, sia gli Alcatrazz mark I (con lo svedese in formazione) e sia la loro variante in mark II (con l’americano, reduce dalla collaborazione con Frank Zappa, in squadra), una band degna di grande considerazione, garanzia di copioso appagamento sensoriale.
Fatalmente le differenze tra le due incarnazioni non mancano, con un approccio più “moderno”, “tecnologico”, estroso ed accattivante dei secondi rispetto ai primi, mentre a rimanere costante è la qualità compositiva ed esecutiva di uno schieramento marchiato dalla voce carismatica di Graham Bonnet e da una da una partnership con Vai fruttuosa anche oltre le previsioni.
Certo, all’epoca della sua uscita originale, in tempi d’irriducibili settarismi, furono in parecchi a “storcere il naso”, soprattutto quelli più legati alla maggiore “disciplina” stilistica di “No parole from rock'n roll” e poco avvezzi ai cambiamenti, ma sono sicuro che oggi, alla luce di un orientamento del pubblico finalmente emancipato e “open minded” (!) ogni eventuale “pregiudizio” sarà sconfitto da un programma di ottimo livello complessivo, che sa essere oculatamente “ruffiano” ("God blessed video”, la notturna “Will you be home tonight”, “Skyfyre”), pur conservando intensità e grinta (l’heavy rock ombroso di “Mercy”, l'esuberanza di “Wire and wood”e "Stripper”) ed epos (“Desert diamond”), aggiungendo un pizzico d’inventiva straniante e comunicativa (“Painted lover”, una sorta di Van Halen meets Yes, “Sons and lovers”, dove gli americano-olandesi sembrano flirtare con i Queen o ancora l’immaginifica “Breaking the heart of the city”, “disturbata” solo da pattern di batteria asettici e poco opportuni) e integrando nell’impasto sonoro un gusto maggiormente synthetico e pomposo di tastiere, gestite con la consueta abilità dal notevole Jimmy Waldo.
Sarebbe stato davvero stuzzicante assistere all’evoluzione di un gruppo che, magari con un ulteriore contributo del “little italian virtuoso” (come lo chiamava affettuosamente il mitico Frank …), avrebbe potuto produrre qualcosa di davvero estroso e geniale (un obiettivo che Steve raggiungerà poco dopo con “Eat ’em and smile” di David Lee Roth), ma il sodalizio con Bonnet si limiterà a questo lavoro, affidando l’intera questione alla sfera della pura congettura.
Tornando, quindi, al concreto, terminiamo l’analisi dicendo che tre bonus-track dal vivo, verosimilmente davvero interessanti solo per i novizi, completano la re-release di un ottimo esempio di frizzante, contagioso e (perché no?) audace hard-rock, da apprezzare e, nel caso, rivalutare senza indugi.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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