Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2013
Durata:non disponibile
Etichetta:Red Cat Records
Distribuzione:Audioglobe / The Orchard

Tracklist

  1. INTRO
  2. SHEEP
  3. SILENCE
  4. PRAYER
  5. STAY DOWN
  6. THAT FEAR ABOUT ME
  7. REFLECTION
  8. THE FALLING DOWN
  9. THEME OF JULIET
  10. LET ME DIE
  11. APPROVED

Line up

  • Tano: vocals, guitar
  • Leo: guitars
  • Smoke: bass
  • Salas: drums

Voto medio utenti

Provengono da Sciacca, se non erro già luogo natio degli storici e sottovalutatissimi Inchiuvatu, questi Rage of South che si formano ben 14 anni fa e hanno al loro attivo solamente un EP intitolato "South" prima di approdare alla giovane e volenterosa Red Cat Recors con questo primo full length "I See, I Say, I Hear", un disco che è un pugno in faccia di thrash/core e nu metal, abilmente miscelati tra loro e con una buona autoproduzione, seppure sia notorio che un genere come questo avrebbe giovato non poco di una registrazione di quelle high-budget dove sfiori una corda di chitarra e si crea un muro di suono che ti alza uno tsunami nel Pacifico.

Beh, tolti questi limiti che purtroppo non dipendono certamente dalla loro volontà e capacità, era un bel pezzo che non mi cimentavo nell'ascolto di un disco crossover e grazie a Dio i Rage of South non me l'hanno fatto rimpiangere, dato che attraversiamo un genere musicale dove se non hai bene in testa cosa vuoi fare e come lo vuoi fare riesci a tirar fuori delle porcate inenarrabili.

Evidentemente tutti gli anni alle spalle hanno portato una certa maturità nelle teste di Tano e compagni, ed il risultato finale è un buon disco, influenzato da tante sonorità diverse, in primis Korn, Skinlab e Slipknot, ma i nostri hanno attinto qua e là a larghe mani, passando anche da situazioni meno vicine come Machine Head e Slayer (sì, quelli pessimi del loro periodo inascoltabile). Il risultato, detto che a noi non importa assolutamente nulla se un disco è derivativo o poco originale, è un po' altalenante, con brani che convincono sin dal primo ascolto ("Silence", "Prayer" e "Stay Down" rappresentano un'ottima tripletta, specie quest'ultima col suo incedere malato e dissonante) ed altri che invece non riescono a decollare seppur dopo numerosi ascolti, tipo la nervosa "Reflection", "Let Me Die", assai incerta nel chorus, o l'iniziale "Sheep", mentre anche sul finale si passa da un brano valido ad uno meno...

In definitiva un buon disco, sicuramente penalizzato dalla mancanza di un wall of sound di quelli losangeleni, ma che presenta una band indubbiamente matura e che sa bene quel che vuol trasmettere, e in un genere così impegnato come questo è una qualità non da sottovalutare.
Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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