Gli
Orchid sono una band in crescita, questo è certo. Il fatto di essere passati sotto Nuclear Blast, insieme a gente come Witchcraft, Graveyard e Free Fall, è piuttosto significativo. Ed il buon successo di critica e pubblico del recente “The mouths of madness”, lo è altrettanto. Che si ispirino pesantemente ai primi Black Sabbath non è una novità, ma le loro canzoni sono veramente belle e resistono anche ad ascolti ripetuti.
Premesso questo, risulta tutt’altro che sorprendente il fatto che l’etichetta tedesca abbia deciso di ripresentare il materiale più vecchio del quartetto guidato dal vocalist Theo Mindell. Infatti la presente uscita, intitolata “The zodiac sessions” non è altro che la riedizione dell’Ep “Through the devil’s doorway” (2009) e dell’album d’esordio “Capricorn” (2011). Tutto è stato rimasterizzato, come esige il mercato odierno, ma non vi sono aggiunte di bonus tracks o inediti di sorta. Però l’operazione è sensata, perché a parte i fans della prima ora, molti cultori del retrò-doom si erano persi i due lavori. Che meritano sicuramente attenzione.
I brani sono abbastanza lunghi, strutture robuste come l’iniziale “Eyes behind the wall” o l’impegnativa “Electric father”, puro doom-rock sabbathiano così come l’ultra-Iommiana “Black funeral”. Ma emergono anche venature leggermente psichedeliche, ad esempio in “He who walks alone”, ed atmosfere minacciose ed incombenti, vedi la bella “Masters of it all”. Non può neppure mancare un chiaro richiamo ad un particolare e storico pezzo seventies, infatti “Albatross” si può considerare la “Planet caravan” degli Orchid.
La considerazione su questo gruppo rimane sempre la stessa: se cercate originalità o innovazione è meglio rivolgersi da altre parti, se amate l’hard rock oscuro anni ’70 sono assolutamente da sostenere.
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