Kataklysm - Waiting for the End to Come

Copertina 6,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2013
Durata:non disponibile
Etichetta:Nuclear Blast

Tracklist

  1. FIRE
  2. IF I WAS GOD - I'D BURN IT ALL
  3. LIKE ANIMALS
  4. KILL THE ELITE
  5. UNDER LAWLESS SKIES
  6. DEAD & BURIED
  7. THE DARKEST DAYS OF SLUMBER
  8. REAL BLOOD - REAL SCARS
  9. THE PROMISE
  10. EMPIRE OF DIRT
  11. ELEVATE

Line up

  • Maurizio Iacono: vocals
  • Jean-François Dagenais: guitars
  • Stéphane Barbe: bass
  • Oli Beaudoin: drums

Voto medio utenti

I Kataklysm ultimamente stanno un po' galleggiando sul mare della sufficienza e poco più, nessuno scossone o innovazione, album non particolarmente ispirati, ma neanche totalmente disprezzabili anche se un po' pallosi. Che sia questo Waiting For The End To Come a dare uno slancio? In parte sì. Ma in parte no.

I canadesi sono una di quelle band che esistono da una vita, sono di quelli che si sono scavati le trincee e, avanzando qualche metro per volta, sono arrivati ad ottenere una fetta di notorietà, una consacrazione meritata, soprattutto dopo album come The Prophecy (Stigmata of the Immaculate), Epic:The Poetry Of War e Shadows & Dust, tre bombe in altrettanti anni in cui i nostri trovarono un sound potentissimo unito ad un songwriting efficace e piuttosto lineare, semplice, dritto al punto.
Certo, precedentemente con lavori putridamente grezzi e ignoranti come l'Ep The Mystical Gate of Reincarnation e il full lenght Sorcery, avevano dato un bello scossone alla scena estrema tanto da essere definiti "LA band più estrema" e coniarono quel "Northern Hyperblast" come definizione del proprio sound.
Per il sottoscritto non sono mai stati i primi della classe, anche se li ho sempre seguiti con attenzione e devo ammettere che i dischi dal 2000 al 2004 sono davvero ottimi e vederli live è sempre stato un piacere, sempre carichi e pieni di energia, senza mai risparmiarsi, in particolare il drummer, Max Duhamel, uno che da veramente tutto, costantemente sull'orlo del collasso cardiocircolatorio.

Oggi al posto di Max troviamo Oli Beaudoin, ma le cose non è che cambino molto. Il resto della squadra è invece confermato ed è sempre capitan Jean-Francois Dagenais a guidare la nave, affiancato dal fido Maurizio Iacono e dal basso di Stephane Barbe che in questo disco ha maggiore presenza ed è sempre pesantemente distorto.

Il nuovo Waiting For The End To Come prova a risollevare le sorti del gruppo soprattutto dopo il precedente e scialbo Heaven's Venom e, se da un lato non assistiamo ad una resurrezione, va quantomeno lodato il lavoro effettuato in fase di songwriting per rendere le canzoni più varie e convincenti.

La partenza non è delle migliori, Fire è infatti un brano banale e poco coinvolgente che posto come apertura rischia di compromettere i buoni propositi dell'ascoltatore. Per fortuna arriva If I Was God... I'd Burn it All introdotta da spoken words, è una canzone che parte a randa con blast beat come se piovesse poi, rimanendo carica, innesta quel misto di melodia e aggressività che richiama gli Hypocrisy, sempre sorretta da una trivella di batteria. La successiva Like Animals è un pezzo che rimane molto aggressivo e semplice, facendo del groove la sua arma principale, perfetto apripista per Kill The Elite dotata di una intro in crescendo che esplode con un riff che cattura subito, sorretto da una tempesta di blast beat. Uno di quei brani strappa-faccia che ultimamente erano mancati ai canadesi.

Ecco che spunta qualche esperimento con Under Lawless Skyes che parte con un attacco in uno stile abbastanza modern-metal e fa temere il peggio, si rivela poi un ibrido di x-core e Dark Tranquillity con melodie leggermente malinconiche che però non fanno una gran presa. È poi la volta di Dead & Buried in cui i canadesi buttano la solita aggressività con un fondo di doppia cassa su cui appaiono melodie un po' tristi a fianco di riff moderni che sembrano un po' buttati lì, accanto ad un ritornello a tratti epico. Una canzone breve, brutta e raffazzonata su alla meglio.

A questo punto, passata la metà del disco, non si riesce a decifrare con sicurezza la proposta dei Kataklysm. Le canzoni si sono indubbiamente stratificate e melodie, groove, aggressività convivono nei brani alternandosi in egual misura, senza che una direzione precisa sia stata presa. Non ci sono 2-3 pezzi-scheggia distruttivi, alternati da brani con riffoni grossi e compressi come da tradizione.

Tra il classico e il moderno, The Darkest Day of Slumber è una canzone il cui riff è rubato palesemente alla triade di album sopra citata, un auto scippo in cui vengono innestate queste melodie che, cominciamo a capire, sono parte integrante di questa nuova uscita dei Kataklysm. Qualcosa di x-core si sta prepotentemente insinuando, complice anche la voce di Maurizio che ha un tono che richiama formazioni come Shafows Fall e miriadi di simili. Per fortuna il nosto singer non è uno sprovveduto e sa sempre variare la sua performance come nella successiva Real Blood, Real Scars, bel pezzo multi sfaccettato.

Ormai siamo in discesa verso la fine del disco, tempo di The Promise che riprende il classico suono Kataklysm, quello grooveggiante e un po' ripetitivo e porta poi alla veloce Empire of Dirth e un sorriso mi si accende. Questo è un pezzo veloce, carico e convincente "di quelli che ce ne vorrebbe di più" e si gioca con Kill The Elite il premio per il miglior pezzo di Waiting For The End To Come. Chiude Elevate, e ritroviamo la commistione di melodie semplici e malinconiche affiancate ad aggressività che fanno parte di diversi brani di questo ultimo lavoro.

In conclusione (scusate la lungaggine ma attendevo questo disco) questo nuovo lavoro si rivela un album parzialmente convincente anche se non immediato. Se non altro, seppur in colpevole ritardo, hanno provato a cambiare qualcosa nella loro proposta che da troppo tempo era ripetitiva, anche se il risultato finale non è ancora a fuoco. Manca una direzione vera, precisa.

Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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