Ayreon - The Theory Of Everything

Copertina 9

Info

Anno di uscita:2013
Durata:90 min.
Etichetta:InsideOut Music

Tracklist

  1. PHASE I: SINGULARITY
  2. PROLOGUE: THE BLACKBOARD
  3. THE THEORY OF EVERYTHING PART 1
  4. PATTERNS
  5. THE PRODIGY'S WORLD
  6. THE TEACHER'S DISCOVERY
  7. LOVE AND ENVY
  8. PROGRESSIVE WAVES
  9. THE GIFT
  10. THE ELEVENTH DIMENSION
  11. INERTIA
  12. THE THEORY OF EVERYTHING PART 2
  13. PHASE II: SYMMETRY
  14. THE CONSULTATION
  15. DIAGNOSIS
  16. THE ARGUMENT 1
  17. THE RIVAL'S DILEMMA
  18. SURFACE TENSION
  19. A REASON TO LIVE
  20. POTENTIAL
  21. QUANTUM CHAOS
  22. DARK MEDICINE
  23. ALIVE!
  24. THE PREDICTION
  25. PHASE III: ENTANGLEMENT
  26. FLUCTUATIONS
  27. TRANSFORMATIONS
  28. COLLISION
  29. SIDE EFFECTS
  30. FREQUENCY MODULATION
  31. MAGNETISM
  32. QUID PRO QUO
  33. STRING THEORY
  34. FORTUNE?
  35. PHASE IV: UNIFICATION
  36. MIRROR OF DREAMS
  37. THE LIGHTHOUSE
  38. THE ARGUMENT 2
  39. THE PARTING
  40. THE VISITATION
  41. THE BREAKTHROUGH
  42. THE NOTE
  43. THE UNCERTAINTY PRINCIPLE
  44. DARK ENERGY
  45. THE THEORY OF EVERYTHING PART 3
  46. THE BLACKBOARD (REPRISE)

Line up

  • Arjen Anthony Lucassen: guitars, bass, mandolin, synth, Hammond
  • Ed Warby: drums
  • JB: vocals as The Teacher
  • Sara Squadrani: vocals as The Girl
  • Michael Mills: vocals as The Father
  • Cristina Scabbia: vocals as The Mother
  • Tommy Karevik: vocals as The Prodigy
  • Marco Hietala: vocals as The Rival
  • John Wetton: vocals as The Psychiatrist

Voto medio utenti

Ascoltare prima e recensire poi un album degli Ayreon, ma più in generale di Arjen Anthony Lucassen, poliedrico polistrumentista olandese ormai celebrità del mondo prog, è sempre un compito arduo e impegnativo. Ogni nuovo lavoro è una scoperta, un impervio viaggio nella mente dell'uomo, un viaggio un cui inevitabilmente si finisce per lasciare qualcosa e trovare qualcosa d'altro, un viaggio dal quale se ne esce arricchiti. Io stesso ho faticato, trovandolo inizialmente privo di un'anima..non potevo sbagliarmi di più.

"The Theory of Everything", nella sua magniloquente composizione, non fa certo eccezione. Anzi, proprio la sua struttura complessa lo rendono forse il più difficile da analizzare tra i lavori di Lucassen, il più difficile da ascoltare e da apprezzare, senza dubbio quello che richiede più attenzione e più apertura mentale.
E' impossibile analizzare ogni singolo brano come si fa per un album qualsiasi, prima di tutto perchè NON è un album qualsiasi e in secondo luogo, motivazione meramente tecnico-pratica, perchè ci sono dei brani che sono né più né meno che brevi interludi musicali tra una scena e un'altra.
Ho parlato di scena e mai definizione fu più azzeccata in un disco di Lucassen: "The Theory of Everything" è, molto più che in passato, una pièce teatrale. Completamente terrestre per quanto riguarda l'ambientazione, pratico nei contenuti (fatta eccezione ovviamente per il discorso di base, quello della Teoria del Tutto) e nei protagonisti, sarebbe davvero perfetto e semplicissimo da trasporre in teatro: una scuola, un paio di case, un faro..e il gioco è fatto. Anche perchè le parti in cui scendono in campo i vari protagonisti della vicenza sono poco cantante e molto recitate, essendoci sempre un certo confronto tra le parti in scena. Poi chiaramente ci sono anche aperture prettamente cantate, ma la sensazione globale è quella di trovarci davanti ad un'opera completa, non "semplicemente" ad un disco prog.
La complessità di questa struttura può comunque essere racchiusa in quattro macro-strutture o fasi, come le chiama Lucassen, per un totale di 42 brani (il 42 non è casuale ed è la "Risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto" di Guida Intergalattica per Autostoppisti): la prima è "Singularity", nella quale veniamo a conoscenza del protagonista della vicenda, The Prodigy aka Tommy Karevik, un bambino dall'intelligenza superiore e capace di risolvere calcoli complicatissimi, il cui acume viene ipotizzato dalla madre (The Mother, Cristina Scabbia dei nostrani Lacuna Coil) notato dal proprio insegnante (The Teacher, JB dei Grand Magus), invidiato dal compagno di scuola e rivale (The Rival, Marco Hietala dei Nightwish), adorato dalla compagna di classe (The Girl, l'ancora nostra Sara Squadrani degli Ancient Bards) ma sottovalutato dal proprio padre (The Father, interpretato dallo stupefacente Michael Mills), il quale da anni cerca di risolvere la Teoria del Tutto, un'equazione capace di interconnettere tutte le forze dell'universo. Troppo impegnato in questo compito, ignora la moglie e il figlio, che fin da piccolo si chiude in sè stesso e fatica a socializzare.
Nella seconda fase, "Symmetry", il padre inizia a prendere coscienza delle potenzialità del figlio, su spinta dell'insegnante e della madre, ma i suoi scopi non sono positivi: vuole sfruttare il figlio per aiutarlo a completare la Teoria e per questo consulta uno psichiatra (The Psychiatrist alias John Wetton) il quale gli propone una cura, ancora in via sperimentale, che aiuterebbe il bambino a concentrarsi. La madre, impaurita dagli effetti collaterali, non permette che questa cura venga utilizzata sul proprio figlio, ma viene successivamente ingannata dal marito, il quale gliela somministra a sua insaputa.
Il ragazzo riesce quindi a sviluppare pienamente il suo potenziale e il padre ne approfitta per farsi aiutare nella risoluzione dell'equazione, finché lo psichiatra non gli comunica che gli effetti collaterali sono confermati e il trattamento va fermato: è la terza fase, "Entanglement", nella quale il padre rivela al figlio della medicina e il figlio scappa di casa, maledicendolo. Impaurito e deluso, si stabilisce a casa della ragazza, dove lo raggiunge il rivale per proporgli uno scambio: una medicina alternativa in cambio delle sue abilità, con lo scopo finale di rapinare banche e arricchirsi. Il ragazzo prodigio accetta, lui e il rivale diventano in un attimo ricchissimi ma la ragazza lo abbandona, per colpa della sua avidità.
Arriviamo quindi all'ultima fase, "Unification", nella quale il ragazzo decide di isolarsi in un antico faro, acquistato coi soldi rubati, per terminare da solo la Teoria del Tutto. A casa sua intanto va in scena una lite tra la madre e il padre, il quale si rende conto di aver commesso un errore imperdonabile e decide di compiere un gesto estremo: va dal figlio, implora il suo perdono in ginocchio e gli chiede di poterlo aiutare, da padre e figlio, per la prima volta nella vita. Il figlio accetta e, in una notte di lavoro e di lacrime, i due riescono a completare la Teoria del Tutto. Non vi rivelo il finale, quello lo lascio a voi..
Musicalmente siamo di fronte al lavoro più puramente prog-rock di Lucassen, dato che nei quasi 90 minuti che compongono il disco c'è davvero poco metal, nel senso stretto del termine. Viene fatto ampio uso degli strumenti a fiato, rendendo il tutto spesso al limite del folk, grazie alla partecipazione di Troy Donockley, Jeroen Goossens e dello stesso Michael Mills, oltre al sempre importantissimo lavoro a tastiere e sintetizzatori, svolto egregiamente da Lucassen stesso e dai soliti celebri ospiti, che qui rispondono al nome di Rick Wakeman, Keith Emerson e Jordan Rudess.
Dal punto di vista vocale, notevolissime tutte le partecipazioni: se devo eleggere però un "migliore in campo", la mia personalissima palma va senza dubbio a Michael Mills, che non conoscevo assolutamente, il quale mi ha davvero stupito positivamente per la vastità del range e la pulizia, oltre che per un'interpretazione davvero sentita di ogni sua parte. Menzione d'onore ma merita anche la nostra Sara Squadrani, che grazie a questo lavoro si fa conoscere un po' di più anche a livello internazionale, dopo l'ottimo lavoro coi suoi Ancient Bards. Mi viene da sottolineare anche la prova di Marco Hietala, forse il vocalist che è riuscito maggiormente ad entrare NEL personaggio interpretato, grazie anche a una voce particolare e che si adattava perfettamente al suo ruolo da rivale.

Ma insomma, tirando un po' le fila del discorso, com'è sto "Theory of Everything"? Per l'ascoltatore distratto e per il fondamentalista metalloso è sicuramente una pigna in culo, un album tecnicamente perfetto ma eccessivamente prolisso e piuttosto vuoto. Per il fan del prog è un buonissimo album, che mischia saggiamente il lato metal (poco) e il lato rock (molto), interludi musicali e parti cantate, complesso al punto giusto. Per il fan accaniti di Lucassen è un piccolo gioiellino, senza se e senza ma, una storia emozionante inscenata in maniera perfetta, che necessita e merita svariati ascolti per essere compresa e apprezzata nella sua totalità. Io, inutile dirlo, faccio parte di questi ultimi, voi appassionati di voti toglietene pure 1.5/2 per ogni categoria della quale fate parte.

Quoth the Raven, Nevermore..
Recensione a cura di Andrea Gandy Perlini
Lucassen's story carry on

Ennesima perla del chitarrista olandese, questa volta più che mai da ascoltare con continuità; perchè le tracce sono brevi e concatenate. Unico neo, che secondo me non lo porta alla perfezione sono la ripetitività delle soluzioni (pescate da Universal migrator e da 01011001), ma daltronde quando è solo uno a comporre dopo un po' questo è inevitabile. Altra sottigliezza, la voce del "padre" sembra più giovane di quella del "figlio".

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 22 feb 2015 alle 18:45

Datemi del plebeo, ma io Hietala non lo comprendo proprio! Grandissimo disco comunque, ma meglio di "On a Perfect Day" debbo ancora sentirne!

Inserito il 04 dic 2013 alle 11:44

SEMPRE GRANDI...

Inserito il 28 nov 2013 alle 16:49

Prendendo le canzoni una ad una non se ne cava fuori nulla, e le quattro suite cambiano di atmosfera forse un po' troppo spesso e decisamente troppo in fretta, ma credo si tratti proprio della particolarità del disco! Concordo sul fatto che Hietala sia quello che si è immedesimato meglio nel ruolo, ma a me continua a non piacere per niente! Già da quel "Don't believe him, no!" che segna il suo ingresso mi dà l'impressione di voler uscire troppo spesso dal suo registro naturale, con risultati discutibili!

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