Copertina 5

Info

Anno di uscita:2013
Durata:52 min.
Etichetta:Code666 Records

Tracklist

  1. THE COMPASS AWAKES
  2. IMMORAL COMPASS TO THE WORLD
  3. ASTRONOMY IN ABSENCES
  4. IMPERIAL JACKAL’S HEAD
  5. FLAMES 1918 (A SONG FOR THE SILENCE)
  6. AN ENIGMA IN SPACE AND TIME
  7. WHO WATCHES THE WATCHERS?
  8. CONJURE ME
  9. ASCENDING THROUGH DARKNESS
  10. THE VANGUARD
  11. THE END OF EVERYTHING… (OR THE BEGINNING OF IT ALL)
  12. THE COMPASS REMAINS

Line up

  • The Furious Host: Bass
  • Battalion: Drums, Percussion
  • Lord Eibon Blackwood: Vocals, Guitars, Keyboards
  • Neil Purdy: Guitars (lead)

Voto medio utenti

Sapete cosa è il Victorian Metal?
No?
Nemmeno io, per lo meno non lo sapevo fino a quando non è arrivato tra le mie mani il secondo lavoro degli inglesi Eibon la Furies fautori, appunto, di un metallo dalle tinte vittoriane secondo la classificazione che ne danno loro stessi.

Dato che non conoscevo il quartetto, sono andato a recuperare il loro disco di esordio, incuriosito dalla definizione che viene accostata alla loro musica e dalla stroncatura che si erano beccati proprio su queste pagine.
Ebbene, se è vero che rispetto agli inizi i nostri sono migliorati è anche vero che la loro musica continua ad essere abbastanza confusionaria e poco avvincente risolvendosi, per gli amanti delle classificazioni, in un metal dalle tinte gotiche e notturne sulle quali il gruppo crea brani tecnici, cangianti, anche duri ma, purtroppo per loro, tutto sommato innocui.
Se è vero che questo “The Immoral Compass” può contare su intuizioni di spessore è anche vero che non si sa bene dove gli Eibon La Furies vogliano andare a parare mescolando, spesso in modo poco razionale, derive sonore anche molto distanti come il death, il gothic, certo industrial, atmosfere alla Cradle of Filth e molto altro ancora, riuscendo nello spiacevole compito di essere pretenziosi prima ancora che noiosi.

Quando si decide di suonare una musica come questa, priva cioè di una direzione precisa, o si è dei grandi compositori o si rischia di fare esercizio di stile fine a se stesso: gli Eibon La Furies purtroppo “scelgono” la seconda via e non riescono a guadagnarsi la nostra sufficienza sebbene, lo ripeto, ci siano passaggi tutt’altro che da buttare, soprattutto nella parte finale dell’album nella quale il gruppo smette i panni sperimentali e indossa quelli di onesti metallari della regina Vittoria.

Vi lascio con due raccomandazioni, una per i nostri lettori, una per il gruppo: ai primi dico aspettate il terzo lavoro che potrebbe essere la classica quadratura del cerchio, ai secondi dico di cercarsi, urgentemente, un cantante che sappia valorizzare una proposta bizzarra e non affossarla con uno scream acido e fastidioso.

Sia come sia, ci sentiamo alla prossima.
Recensione a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone

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