Copertina 8

Info

Anno di uscita:2013
Durata:21 min.
Etichetta:Ipecac

Tracklist

  1. MODERN BALLS
  2. MATURE SCIENCE
  3. DON’T FALL IN LOVE WITH YOURSELF
  4. YOU LOST ME AT “IT WASN’T MY FAULT”
  5. CONGRATULATIONS, YOU ARE GOOD ENOUGH
  6. SOVIET REUNION
  7. GREASY PSALMS
  8. I’VE HAD IT UP TO HERE I’M GOING TO PRISON
  9. THE ART OF REALLY REALLY SUCKING
  10. BIOLOGICAL PROCESS OF POLITICS
  11. NOSE TO TAIL
  12. CONSIDER THE SCAB ALREADY PICKED

Line up

  • Michael Crain: Guitar
  • Thor Dickey: Bass
  • Brian Evans: Drums
  • Justin Pearson: Vocals

Voto medio utenti

Se il noise è la vostra religione, l’estremo la vostra professione di fede e la bizzarria il vostro dogma, allora va da sé che il vostro pastore ideale non può che essere Justin Pearson.
Già responsabile degli assalti sonori dei The Locust e di innumerevoli altri esperimenti, nonché padre della famigerata Three One G Records (che vanta, tra l’altro, nel suo roster gli italianissimi ed eccezionali ZEUS!), il nostro californiano torna all’attacco con i suoi Retox per la seconda prova in studio.
La loro prima uscita, Ugly Animals, aveva lasciato un ottimo segno grazie ad una reinterpretazione di formule punk e hardcore old school in chiave noise e grindcore con una spruzzata bizzarra di atmosfere quasi surf: vecchia attitudine rabbiosa e furente filtrata da una maniera più moderna di far casino. Con YPLL si riprende il discorso da dove si era interrotto, innestando nella struttura originaria più compattezza, più ragione (prendete con le pinze l’uso di questo termine...) e più attenzione a certe sonorità contaminate che avevano da subito caratterizzato il sound dei Retox.
Permane, ovviamente l’aggressività a mani basse, il songwriting nervoso e schizoide figlio di una tradizione che riconduce in modo a tratti assai evidente a band come Dead Kennedys, Minor Threat e Discharge; tuttavia, qualcosa sembra essere, per così dire, più studiato, questa volta. La rabbia c’è e si sente, è palpabile nelle sfuriate ritmiche e nelle scelte dissonanti e stridenti del riffing, ma, a differenza del primo lavoro, che poteva essere paragonato a un’esplosione di violenza incontrollata e subitanea, ora ci troviamo davanti a un disco che riesce a convogliare quel talento per tritare ossa in maniera più concentrata e, se si vuole, raffinata.
Le prime cinque tracce di YPLL mostrano il lato più noise e diretto dei Retox, andando via lisce tra ritmi sostenuti, stop and go, strutture (assai poco) melodiche ben solide, acide quanto basta per far venir voglia di prendere a spallate un muro e Pearson che sbraita nel microfono con una carica che solo in pochi possono vantare. Da segnalare in particolare Mature Science, davvero un’ottima istantanea della verve del gruppo, in grado di far sentire le varie influenze che sottostanno alla loro cultura della scena hardcore californiana.
Fino a qui tutto sostanzialmente nella norma, abbastanza in linea con le precedenti canzoni di Ugly Animals e con quella sensazione di “Locust senza l’elettronica” che fa sempre piacere all’orecchio di chi è addentro all’ambiente noise. La seconda parte del disco tuttavia, riserva qualche sorpresa, fortunatamente in positivo, presentando pezzi basati su ritmi più irregolari, più sviluppati e sicuramente più discontinui con il primo lavoro. Già con Soviet Reunion si entra in territori più sperimentali, le dissonanze si fanno più complesse e catchy, quasi come se i Retox si divertissero a recuperare gli stilemi dei fraseggi punk hardcore della vecchia scuola, rielaborandoli ovviamente a loro modo. Le successive tracce conducono alla conclusiva Consider the Scab Already Picked, nella quale risaltano maggiormente le influenze grindcore ed estreme della creatura di Pearson e soci, un ottimo punto fermo per 21 minuti di caos.
La prova, nell’insieme è sicuramente più che buona: se avete bisogno di essere presi a calci nei denti, questo disco fa per voi, ci troverete dentro un concentrato di violenza e rabbia repressa fermentata da decenni di tradizione e distillata con sapienza e maestria da una tecnica più fresca e nuova. Sicuramente un’evoluzione del sound dei californiani che, tuttavia, non ne snatura la genuinità e non commette l’errore di uniformare e appiattire quanto di buono s’era sentito in precedenza da loro.
Recensione a cura di Antonio Enoth Cassella

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