Copertina 5

Info

Anno di uscita:2004
Durata:47 min.
Etichetta:Lion
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. MOUNTAIN OF LOVE
  2. GIRL GOODBYE
  3. PROVE IT TO YOU
  4. ON THE EDGE
  5. FEELS SO STRANGE
  6. FEEL THE COLD WIND
  7. STRANDED
  8. MEANT TO BE
  9. KEEPIN’ YOUR DREAMS ALIVE
  10. SUSANNA

Line up

  • John Jeff Touch: vocals
  • Lars Eric Mattsson: guitars, bass, keyboards
  • Eddie Sledgehammer: drums

Voto medio utenti

Terzo album per i Vision, progetto del poliedrico chitarrista/bassista/tastierista Lars Eric Mattson, che questa volta ospita, dopo Conny Lind e Randolph Reymers, la voce di John Jeff Touch, sorprendentemente simile a quella di Mark Slaughter (Slaughter). Questo lavoro ospita brani scritti interamente da Mattson tra il 1993 e il 1997 e segue il tanto in voga trend di quest’ultimo periodo secondo il quale se un disco non sembra essere stato fatto negli anni ottanta non ha dignità alcuna di esistere.
Il primo brano, "Mountain Of Love" promette più di quanto l’album non abbia realmente in serbo: il lavoro di Mattsson alle chitarre, in particolare la seconda, e alle tastiere è di ottima fattura mentre l’assolo di chitarra sorprende positivamente perché breve e melodioso. Non che nelle tracce seguenti gli strumenti siano fuori posto, anzi: chitarre e tastiere funzionano molto bene ma il livello compositivo è basso e i brani sconfinano nella banalità e nel "già sentito". Pezzi come "Prove It To You", "Meant To Be", "Keepin’ Your Dreams Alive" e "Susanna" sono un vero spreco per il discreto talento di Mattsson e non lasciano traccia di sé nella memoria dell’ascoltatore.
Non mancano momenti positivi come gli accenni di tastiere di "Girl Goodbye" o l’intro di basso di "On The Edge", e nemmeno ritornelli orecchiabili come nella semi-ballad "Feel The Cold Wind"; peccato che tutto questo non basti a rendere questo platter vagamente interessante.
A lungo andare la voce di Touch si rivela poco adatta a brani di questo genere perché la sua poca versatilità interpretativa gli impedisce di dare loro quello spessore che potrebbe fare la differenza: fatta eccezione per un blando tentativo in "Feel The Cold Wind" in cui si sforza di rendere il cantato cupo e a tratti rabbioso, tutto il resto è una inesorabile linea piatta.
Meglio un vecchio album degli Slaughter…
Recensione a cura di Elena Mascaro

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