Copertina 6

Info

Anno di uscita:2004
Durata:65 min.
Etichetta:Firebox
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. STILLBORN TWILIGHT
  2. RITE OF SHROUDS
  3. DESIRE (THE DAWN AND THE CHRYSALIS)
  4. CANTO XXXIV
  5. RUIN
  6. CELIA
  7. GETHSEMANE
  8. WATERS OF QUIET
  9. TOUCHING ETERNITY

Line up

  • R.H.: guitar, bass, keys, vocals
  • G.C.: drums, guitars, keys

Voto medio utenti

"Ruin" rappresenta il disco d'esordio per gli americani Necare, esordio raggiunto grazie alla Firebox Records in seguito a 3 demo che si sono susseguiti nel corso degli anni, dal 1999, anno di formazione della band, fino al 2001. Composta da soli due membri più sporadiche apparizioni di session, questa formazione è interamente dedita al doom/death sound tipicamente di primi anni 90, dagli Anathema ai My Dying Bride degli esordi, caratterizzati quindi da un sound cupo, ma mai eccessivamente oscuro, incentrato piuttosto su enfatiche aperture atmosferiche, sottolineate da tastiere e violino che di tanto in tanto aggiungono quel tocco in più in grado di rendere leggermente più vario un sound altrimenti per definizione statico e spesso ripetitivo. Una certa vena drammatica e spiccatamente melodica traspare da ogni singola traccia senza tralasciare qualche accelerazione e leggera movimentazione in più, come in una "Desire" nella quale le due anime musicali della band si combinano intelligentemente. Aperture di piano e chitarra arpeggiata si fanno spazio per emergere nei momenti più espressivi, come nel più classico dei casi parlando di questo genere, restando troppo spesso prevedibili e scontati, così come poca fantasia dimostra l'amalgama generale delle composizioni, troppo spesso imperniate su cliché e standard davvero troppo semplicisti che tolgono il gusto di sorpresa all'ascoltatore già preparato in partenza a ogni possibile variazione. "Ruin" si presenta quindi come un disco essenzialmente gradevole e scorrevole ma privo di quel qualcosa in grado di renderlo unico o per lo meno personale, eccessivamente legato ad un sound, in primo luogo troppo nostalgico e oramai superato, e in secondo poco brillante ed appassionante, sarà forse anche a causa di una evidente drum machine che poca umanità è in grado di aggiungere ad episodi deficitarii anche di questo aspetto. In sostanza un apprezzabile esordio ma penalizzato da scelte stilistiche tutto sommato immature e leggermente datate, il tutto ancor più rimarcato quando nelle orecchie risuona ancora l'ultimo delizioso disco dei Morgion.
Recensione a cura di Marco 'Mark' Negonda

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