La propensione nei confronti del “come eravamo” costituisce una tendenza importante dei nostri tempi, e non solo in ambiti squisitamente musicali (c’è gente che rimpiange addirittura le cabine telefoniche a gettone …).
Un fenomeno che, in realtà, appare abbastanza “naturale”, ma che ultimamente sta assumendo proporzioni che meriterebbero doverosi approfondimenti di tipo “sociologico”, in un mondo verosimilmente sempre più insofferente alle frenesie e alle ansie del terzo millennio.
Qui, però, ci interessiamo
essenzialmente di musica ed è per questo che tralasciamo ogni altra considerazione e ci concentriamo su quella tipica suggestione che rende “straordinari” i suoni che arrivano dal passato, magari dal proprio, quando tutto
sembrava migliore perché si era (più) “giovani”, “selvaggi” e “liberi”.
Insomma, talvolta la memoria e la nostalgia fanno “brutti scherzi” e coinvolgono prepotentemente aspetti extra – artistici … ciò nondimeno, dopo un’attenta e profonda analisi in tutta coscienza, sono pienamente convinto che la mia attuale valutazione di “Due” degli
Elektradrive, pubblicato in origine nel “glorioso”
Anno Domini 1989, non è minimamente influenzata da quello che hanno rappresentato i torinesi nella mia “formazione” di appassionato di
hard rock melodico.
E dirò di più … non voglio neanche considerare il loro ruolo “pionieristico” nell’ambito di un genere poco frequentato e considerato nelle lande
metalliche del
Belpaese ed escluderò dal giudizio pure la soddisfazione con cui appresi l’apprezzamento che l’autorevole e borioso Kerrang! riservò al disco.
Se uscisse oggi, completamente sprovvisto di “nobili precedenti”, aiutato anche un certo “rigore” tipico del settore, “Due” sarebbe
comunque un capolavoro di
AOR, un esempio fulgido di classe e temperamento, edificato sui “classici” eppure caratterizzato da un
songwriting fresco e vitale, ben distante da ogni possibile configurazione sterilmente emulativa.
Tecnicamente irreprensibili, pilotati dall’ugola passionale e intensa di Elio Maugeri (uno dei pochi per cui Coverdale è un’autentica “fonte d’ispirazione” e non un modello da “scimmiottare” ...) e affiatati come un’autentica “macchina” sonora perfettamente oliata (mi piace citare anche il contributo di Eugenio Manassero, affine al leggendario Mark Mangold, per sensibilità e misura …), i favolosi
rockers sabaudi offrono al pubblico degli appassionati una sequenza impressionante di perle assolute, in cui “St. Valentine’s day”, “Sunset boulevard”, “Wild west”, la
title-track, “Dream on” e l’irresistibile "A man that got no heart” sono solo le gemme maggiormente scintillanti in uno scrigno d’inestimabile pregio.
Fin qui il valore del disco … non resta che vagliare quello di una ristampa che arriva dopo
antiche operazioni analoghe (Brunette, Long Island), proposta con
booklet ampliato e gratificata da una “riverniciatura” sonora, ma priva di
bonus (che spesso, è bene rilevarlo, finiscono per non essere all’altezza del materiale originale e rappresentano solamente “specchietti per le allodole” collezionistiche) … mettiamola così … se ancora “Due” non fa parte della vostra collezione, non esitate neanche un
millisecondo a procurarvelo in questa forma “restored & refreshed” … conseguirete simultaneamente due importanti risultati: porre rimedio ad una lacuna francamente “imperdonabile” e portare a casa un pezzo di “storia” del genere che guarda caso, un po’ come tutte le “pietre miliari”, non ha perso un grammo della sua bellezza e della sua capacità di emozionare in profondità … Elektradrive …
Italian AOR gods forever!