Copertina 7

Info

Anno di uscita:2012
Durata:42 min.
Etichetta:Relapse Records

Tracklist

  1. THE GIFT
  2. OUR EPITAPH
  3. OBLIVION EATERS
  4. IN THE ABSENCE OF LIGHT
  5. THE GIFT (REMIX BY JAMES PLOTKIN)

Line up

  • Jenks Miller: vocal, electric guitar, piano, bass, lap steel, ebow, keyboard, synthesizer, tanpura, shruti box, drums, percussion, processing, fuzz fx
  • Terence Hannum: vocals & synths
  • André Foisy: guitars & bass
  • Steven Hess: drums & percussions

Voto medio utenti

New Dominions nasce dalla collaborazione di due band statunitensi, gli Horseback fautori di un sludge/doom già di per se molto periferico e sperimentale, e i Locrian dalle prerogative ambient con cariche drone e noise. Il lavoro risale al 2011, passato un po’ in sordina, l’anno seguente viene riproposto e implementato per l’occasione.
Cinque brani, i primi due realizzati in collaborazione, la terza degli Horseback, la quarta dei Locrian e per concludere il remix di “The Gift” ad opera del chitarrista americano James Plotkin, onnipresente nel panorama esperimental(/…-core) d’oltreoceano.

Entrambe le formazioni operano su ritmi elitari con la quali costruiscono brani profondi innalzati da una sperimentazione molto personale che non mancano di stupire e di aprire scenari curiosi, a volta anche rischiosi, ovviamente per chi ha orecchi per intendere... o anche solo voglia.
Nonostante le similarità sembrino e siano molte, l’accostamento di queste realtà sottolinea come le divergenze siano anche maggiori. Per quanto riguarda i brani realizzati in solitaria notiamo che in “Oblivion Eaters” gli Horseback puntano su un ambiente oscuro piuttosto animato e snervante mentre i Locrian con "In the Asence of Light" realizzano una melodia tenue consacrata da una nenia misticheggiante, sul cui sfondo delle distorsioni si perdono in un vuoto i cui limiti sono marcati da suoni bassi.

La simbiosi delle prime due tracce supera questi contrasti ma l’opera dei Locrian sembra prendere il sopravvento non oscurando del tutto gli Horseback, apparsi più disposti a scendere al compromesso. “The Gift” suona più bilanciata ma per questo anche meno coesa mentre “Our Epitaph”, aiutata anche dal titolo, ci introduce una sinestesia atemporale dove una ridondanza fatale ci trasporta in un viaggio introspettivo, in un assaggio di eternità e non mi riferisco solo ai 14 minuti di durata che anzi, una volta agganciato il ritmo, sembrano quasi non bastare.
Il remix di “The Gift” snatura un po’ l’idea con del progetto senza aggiungere poi tanto.
Una bella realizzazione, per nulla ovvia, vista l’occasione sarebbe stato più consono realizzare un numero maggiore di brani ma così è stato.
Imponente la copertina.
Recensione a cura di Salvatore Sanzio

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