Copertina 6

Info

Anno di uscita:2012
Durata:23 min.
Etichetta:Patac Records

Tracklist

  1. ARCADIA
  2. SONS OF BITCHES
  3. SYSTEM WHORE
  4. WE HAD EVIDENCE
  5. THROW THE PETROL BOMB

Line up

  • M.S. "Scruffy" Lewty: vocals, guitar
  • Tom McCombe: guitar
  • Paul: bass, vocals
  • Mike: drums

Voto medio utenti

A volte ritornano… sinceramente non pensavo neanche fossero ancora vivi gli Hellbastard, ma evidentemente mi sbagliavo, vista la recente pubblicazione di “Son of bitches”, un EP su vinile contenente cinque brani. Passati agli annali del metal come uno dei primi gruppi crust della storia, ricordo ancora con piacere il loro bellissimo “Natural order” del 1990, secondo di una lunga (anagraficamente parlando) carriera, costellata, però, solo da tre full length, oltre che da una serie infinita di demo, compilation, split ed EP, di cui, appunto, questo è l’ultimo arrivato… Iniziato l’ascolto sono rimasto da subito spiazzato, visto che l’approccio è sicuramente meno irruento di un tempo, e più impostato su un metal pregno di noise, soprattutto per quanto riguarda lo stile vocale di M.S. “Scruff” Lewty, filtrato e sofferto. Sinceramente ho trovato un po’ troppo laccate e moderne queste cinque composizioni, e troppo lontane dall’approccio primigenio della band. Sarà l’evoluzione, sarà l’età che avanza, però a dirla tutta non sono rimasto particolarmente colpito da questo EP. Poca incisività, poca cattiveria, e troppa cerebralità, anche se, bisogna ammetterlo, con notevole originalità, grazie ad un mix di parti più ‘incazzate’ e parti più ragionate, portate avanti da tastiere di sottofondo ed eleganti arpeggi di basso e chitarra. Però manca quel quid in più, quella ‘sana e malsana’ violenza a cui eravamo abituati. Sì, l’impressione è proprio quella, e cioè che i nostri siano cresciuti e vogliano dismettere i panni dei ragazzi perennemente incazzati, cercando di esporre le proprie idee in maniera differente, più consona al loro status attuale. Il che può anche starci, ma lascia senza dubbio disorientati, e c’è bisogno di qualche ascolto in più per entrare in sintonia con i brani ed apprezzarne tutte le sfumature. E ce ne sono, assai… soprattutto nei tre brani più lunghi, in cui i nostri si sbizzarriscono e buttano dentro tutte le proprie idee… Non ci è dato sapere se nel prossimo full length tutte le idee presenti in questo “Son of bitches” riusciranno a confluire in maniera più organica in un’unica direzione, rendendo l’ascolto meno confusionario. Per adesso posso soltanto dirvi che l’EP merita una chance, anche se non è certamente un dischetto per tutti. Molta carne a cuocere, col risultato che l’ascolto risulterà essere pericolosamente altalenante (come giudicare l’ultimo brano, una sorta di divertissement reggae con non c’azzecca nulla con il resto?), tra parti che stupiscono e altre che con convincono. Mi riservo un giudizio definitivo quando e se uscirà il prossimo full. Per adesso la sufficienza c’è, ma è abbastanza striminzita…
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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