This Broken Machine - The Inhuman Use of Human Beings

Copertina 8

Info

Anno di uscita:2012
Durata:51 min.
Etichetta:Self-released/independent

Tracklist

  1. ALPHA (ALCHEMIC SURGERY)
  2. NEW BREED
  3. DRY LAND
  4. BLACK RIVER
  5. DEAD END
  6. ALONE
  7. BLINDED
  8. KINGDOM COME
  9. MERCURY & CHROME
  10. THE EGO
  11. JUNE GLOOM
  12. MACHINES

Line up

  • Andrea De Vecchi: Bass, Clean Vocals
  • Fabio Cau: Drums
  • Piero Trimarchi: Guitars
  • Luca Giani Carella: Guitars, Harsh Vocals

Voto medio utenti

La cosa più assurda è che questo disco sia autoprodotto.

Questo il primo pensiero che mi è venuto in mente ascoltando "The Inhuman Use of Human Beings" dei nostrani This Broken Machine.
Si perchè, al di là dei gusti e dei propri generi di preferenza, non si può davvero credere che un lavoro così ben ricamato, moderno, intelligente non abbia trovato un'etichetta disposta a promuoverlo e la cosa fa ancora più rabbia se si pensa alle schifezze che ogni giorno ci tocca sentire qui in redazione...
Comunque, tornando a noi, i milanesi This Broken Machine rilasciano il loro secondo lavoro dopo l'esordio, "Song About Chaos", del 2007 e lasciano davvero il segno grazie ad una musica che è un caleidoscopio di umori ed influenze diverse.
Quello che ascoltiamo in questo album è un metal molto oscuro, triste, vagamente rassegnato nel quale confluiscono espressioni prese dal death, dall'alternative (soprattutto), dall'us heavy metal, dal nu metal, dal prog... insomma, di carne al fuoco ne abbiamo davvero tanta.

Riff quadrati e distruttivi fanno da introduzione a brani in cui Alice in Chains, Isis, Mastodon, Nine Inch Nails, Tool, si rincorrono senza soluzione di continuità andando a descrivere una atmosfera spesso soffocante, futurista e dannatamente efficace nel saper colorare di nero una qualsiasi giornata solare.
L'album ha una patina di sofferenza che sembra avvolgere ogni cosa come la cenere che cade sulla terra dopo un grande incendio, una patina di dolore esaltata da una interpretazione vocale davvero sentita e toccante, sia per le parti clean, che mi hanno portato alla mente Trent Reznor, sia in quelle distorte che affiancate alla violenza di una musica molto massiccia e mai veloce danno l'impressione di trovarsi di fronte ad un muro di ruvido metallo pronto a caderti addosso.

Difficile citare un brano in particolare, sebbene la struggente "Alone" e la splendida "New Breed" valgano sa sole l'acquisto, tanta è la qualità contenuta in questo dischetto.
Quello che dovete fare se amate atmosfere ora pacate ora dure che confluiscono in un suono che è una vera e propria architettura, è procurarvi questo album e riflettere su quanto la scena italiana non debba invidiare niente a nessuno.
Sinceramente, bravi.
Recensione a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone

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