Copertina 6,5

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2012
Durata:42 min.
Etichetta:ProgRock Records

Tracklist

  1. PARTICLE DANCE
  2. BLACK HOLE
  3. COGNITIVE DISSONANCE
  4. LONDON VIBE
  5. AVATAR JONES
  6. ERDINGER
  7. MARTIAN SUNRISE
  8. STATE OF SIEGE
  9. OCTOBER SKIES
  10. PARTICLE DANCE (CODA)

Line up

  • Peter Matuchniak: guitars
  • Vance Gloster: keyboards, vocals
  • Rick Meadows: bass
  • Alan Smith: drums, vocals

Voto medio utenti

Se per voi prog-rock non significa solo furore virtuosistico, non mi lascerei scappare l’occasione di un contatto con questi Gekko Project, combo americano capitanato da Peter Matuchniak e stregato da Camel, Weather Report, Genesis, Yes e Pink Floyd.
Il sound del gruppo è basato su affascinanti costruzioni armoniche perlopiù strumentali e a carattere “atmosferico”, in cui la tecnica, pur presente in maniera copiosa, è solo uno degli elementi costitutivi.
I bagliori vividi di soffuso jazz-rock rendono “Electric forest” una “faccenda” adatta agli ascoltatori più “colti” e “raffinati”, ma nei quarantadue minuti di note dell’album non si arriva mai alla concezione di un lavoro esclusivamente per “iniziati”, anche perché le porzioni cantate, inserite con saggezza nel programma, con la loro superiore accessibilità melodica riescono a rendere sufficientemente fruibile il prodotto.
Ecco che “Black hole”, con la particolare voce di Alan Smith, ostenta un disinvolto tocco di rock-blues capace di espandere e sollevare gli orizzonti emotivi del pezzo, mentre “Avatar Jones” e “October skies” (mio personale best in class …), impreziositi dalla laringe del keyboard-master Vance Gloster riescono a combinare efficacemente la magniloquenza degli Yes e le suggestioni mistico-drammatiche dei Pink Floyd con un pizzico della magica enfasi “orecchiabile” degli Asia.
Altrove troverete situazioni maggiormente elaborate e cangianti, dall’opener “Particle dance” sostenuta dalla fremente chitarra di Matuchniak (una “roba” tra Hackett e Howe), passando per gli avvolgenti territori fusion di “Cognitive dissonance” e “London vibe” e terminando con la straniante “Erdinger” (probabilmente la traccia più Camel-iana dell’opera), con i languori liquidi di “Martian sunrise” e con “State of siege” che, attraverso piccoli strappi in progressione, cerca di rimediare ad una formula espressiva forse complessivamente un po’ troppo evanescente.
Un disco d’indubbio interesse, che presumibilmente non “rapirà” i vostri sensi, ma saprà blandirli con notevole dovizia.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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