Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2012
Durata:21 min.
Etichetta:Relapse Records

Tracklist

  1. DRAW BACK A STUMP
  2. GLOBAL DIVISION
  3. HELLBOUND
  4. SILENCE OF VIOLENCE
  5. DRINKING AND DRIVING
  6. MARCH OF THE CURMUDGEON
  7. WASTED YOUTH
  8. PRIDE
  9. GET THE FUCK OFF MY LAWN
  10. REFORM?

Line up

  • Kevin Sharp: vocals
  • Mike Brennan: guitars
  • Bill Kelliher: guitars
  • Dave Whitworth: bass/vocals
  • Shayne Huff: drums

Voto medio utenti

Draw Back A Stump” è un’espressione che nel linguaggio comune suona come una minaccia verso tutte le persone noiose e petulanti, una sorta di “ti mozzo le dita!”, laddove al posto delle dita possono benissimo starci mani, piedi, gambe, braccia e qualsiasi altra appendice anatomica, compresa quella che noi maschietti abbiamo in mezzo alle gambe.
Il concetto ben si attaglia alla musica dei Primate, i quali ne hanno fatto titolo per il loro debutto. La cosa potrebbe sembrare pretenziosa, ma a ben vedere scorrendo la line-up della band ci si rende conto che, tra gli altri, troviamo alla voce Kevin Sharp dei Brutal Truth e Bill Kelliher dei Mastodon alla chitarra.
Per concludere questa introduzione non resta da dire che i nostri suonano un grind/crust old school, breve, diretto e iperamplificato. Rumore e velocità sono le coordinate del platter, non disgiunte da una certa malsana ironia di fondo.
È chiaro che questa sorta di operazione nostalgia, sebbene di qualità, stringe notevolmente la cerchia di possibili ammiratori, giacchè questo tipo di musica non è più così attuale, né popolare. Almeno tra i metallari.
Essendo il grindcore un genere di confine, che attinge in egual misura dagli universi metal e hardcore, oggi questi due universi viaggiano in direzioni diverse, il metal puntando alla pesantezza e all’estremo sonoro, l’hardcore puntando ad un ritorno alle origini, all’essenziale, senza contaminazione.
Questo disco sta in mezzo, perché non è estremo, almeno seocndo i canoni musicali del 2012, e al tempo stesso è contaminato, con tanti bei riffoni thrash che spezzano il ritmo forsennato delle canzoni.
Mettendo da parte queste considerazioni, qui troviamo 10 pezzi per 20 minuti, un po’ manieristici ma comunque viscerali, con picchi come “Drinking And Driving”, che diverrà la vostra colonna sonora per un bello schianto in macchina, e la conclusiva “Reform?”, scheggia impazzita.
Per il momento può bastare, a patto che i nostri, sin dal prossimo disco, decidano di stupire.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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