Profane Omen - Inherit The Void (reissue)

Copertina 6,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2011
Durata:55 min.
Etichetta:Spinefarm Records

Tracklist

  1. SECONDS
  2. BASE
  3. INFORMATION
  4. SUPERPOWERTRIP
  5. I HAVE SEEN
  6. LEFT TO DISINTEGRATE
  7. IN THE MIDDLE I BREATHE
  8. RIGHT TO RETALIATE
  9. GENERATION DOOM (COUNT ME OUT)
  10. DEALERS OF GUILT
  11. DODGE
  12. INHERIT THE VOID (BONUS TRACK)

Line up

  • Jules Näveri: Vocals
  • Williami Kurki: Guitar
  • Antti Kokkonen: Guitar
  • Tuomas "Tomppa" Saarenketo: Bass
  • Samuli Mikkonen: Drums

Voto medio utenti

Il metal oggi ha perso il senso della misura”. Questo pensiero mi ronzava in testa mentre ascoltavo la musica dei finnici Profane Omen. Ricordo che negli anni ’80, e primi anni ’90, una band che faceva un disco aveva come obiettivo di produrre dai 30 ai 40 minuti di musica, meglio se 35, con circa 6/8 canzoni. Le band concentravano il loro sforzo compositivo su una manciata di pezzi, lavorando indefessamente per mesi al fine di perfezionarli. Ciò, oltre a elevare la qualità media dei dischi, li rendeva molto più fruibili, così che quando li si ascoltava si riusciva ad arrivare fino in fondo e anche, per giunta, a premere di nuovo il tasto play.
Oggi non è più così, si tende a strafare, si producono dischi con minutaggi spropositati e infarciti di riempitivi che abbassano la qualità media delle composizioni. Vige una sorta di ipertrofia compositiva, dove tanto (troppo) è sinonimo di meglio e bello.
Dico questo perché l’ascolto di questo “Inherit The Void”, secondo disco della band, era partito molto bene, metal groovy e potente, dalle ritmiche sostenute, costantemente in up tempos, duetto voce pulita/growl, chitarre sature, aperture melodiche. Insomma davvero un bel sentire. Inoltre la band ha uno spirito fieramente rock’n’roll, il che non guasta mai. Tuttavia dopo un po’, un bel po’ devo dire, il tutto viene a noia, proprio per quell’assenza di senso della misura di cui lamentavo sopra.
Non è possibile spararsi cinquanta minuti di musica così vitaminizzata senza stufarsi dopo un po’. Il continuo viaggiare in ovredrive, da parte della band, con chitarre e batterie idomite, stanca. Non solo, rovina anche quanto di buono c’è in questo disco, perché è evidente che ci sono molti riempitivi. Se la band si fosse limitata a fare il suo compito questo sarebbe stato un gran bel disco, ma la voglia di strafare è cattiva consigliera.
Il risultato finale, nonostante belle canzoni come “Base” e “Information”, è poco più che sufficiente. Con un paio di decise sforbiciate qua e là avrebbe potuto essere discreto se non addirittura buono.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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