Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2011
Durata:68 min.
Etichetta:Roadrunner Records

Tracklist

  1. CAPSIZING THE SEA
  2. IN WAVES
  3. INCEPTION OF THE END
  4. DUSK DISMANTLED
  5. WATCH THE WORLD BURN
  6. BLACK
  7. A SKYLINE'S SEVERANCE
  8. ENSNARE THE SUN
  9. BUILT TO FALL
  10. CAUSTIC ARE THE TIES THAT BINDS
  11. FORSAKE NOT THE DREAM
  12. DROWNING IN SLOW MOTION
  13. A GREY SO DARK
  14. CHAOS REIGNS
  15. OF ALL THESE YESTERDAYS
  16. LEAVING THIS WORLD BEHIND
  17. SHATTERING THE SKIES ABOVE
  18. SLAVE NEW WORLD

Line up

  • Matt Heafy: vocals, guitars
  • Cory Beaulieu: guitars
  • Paolo Gregoletto: bass
  • Nick Augusto: drums

Voto medio utenti

IIIIIIIIINNN WAAAAAAAAAAAAAAVEEEEEEEEES.

L’urlo di Matt Heafy, sicuramente meno famoso di quello di Munch ma in questo caso altrettanto d’impatto, è stato in assoluto il primo approccio che ho avuto con il nuovo album dei Trivium, personalmente molto atteso fin dai tempi dell’uscita di “Shogun”. Un approccio da scindere in due momenti: l’ascolto del singolo e l’ascolto della canzone in testa all’album. Si perché mi è sembrato di ascoltare due canzoni differenti, una bruttarella e terribilmente ripetitiva, l’altra incisiva e perfetta per aprire le porte verso un album piacevole e diretto. Perché? Cerchiamo di capirlo..

Prima di tutto una "breve" lezioncina di storia: i Trivium nascono nel 1999 da un’idea del batterista Travis Smith e prendono la loro forma definitiva nel 2003, con l’aggiunta del chitarrista di stampo death Cory Beaulieu e soprattutto del giovanissimo cantante/chitarrista Matt Heafy, 17enne all’epoca dell’uscita di “Ember to Inferno”, disco d’esordio della band americana. Il disco presentava idee davvero interessanti in ambito metalcore/thrash, evidenziando in particolare un’abilità tecnica impressionante per dei ragazzi così giovani, ma peccava di eccessiva immaturità. E’ col successivo “Ascendancy” e l’innesto al basso di Paolo Gregoletto che i Trivium salgono alla ribalta mondiale, con un album praticamente perfetto sotto ogni punto di vista, ancora oggi uno dei migliori album di metalcore/thrash mai editi, garantendosi tra l’altro un contratto pluriennale con la celebre Roadrunner Records.
Le aspettative verso i Trivium erano quindi altissime e nel 2006, a un solo anno di distanza da “Ascendancy”, esce “The Crusade”, un album controverso, molto più orientato a un thrash a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 che al metalcore, anche a causa dei problemi alle corde vocali che hanno colpito Matt Heafy, che spezza la critica a metà: c’è chi li vede come una band clone dei Metallica e sempre pronta a cavalcare l’onda del momento, chi invece li etichetta come la nuova promessa del metal mondiale. Personalmente ci ho messo un paio d’anni per apprezzare “The Crusade”, ma ciò non toglie che i Trivium facevano parlare di se, nel bene e nel male, e come si dice “Controversy creates cash”.
Arriviamo così al 2008, anno in cui esce “Shogun”, album che segna un ritorno alle origini e a quei suoni che avevano fatto la fortuna di “Ascendancy”, riuscendo così a riportare un buon numero di fans dalla propria parte con un disco davvero ben riuscito.
L’attesa era quindi alle stelle per sapere dove sarebbero andati a parare questa volta..passano 3 anni, nel frattempo il batterista e fondatore Travis Smith lascia la band in favore di Nick Augusto e iniziano a trapelare canzoni da questo “In Waves”..e ammetto di essere rimasto colpito abbastanza in negativo da questi primi estratti, in particolare dalla title track “In Waves”, trovandola come già anticipato bruttina e eccessivamente ripetitiva, quasi sintomo di una mancanza di idee.
Poi finalmente metto le mani sull’album nel suo complesso e le sensazioni cambiano radicalmente.
Ci da il benvenuto “Capsizing the Sea”, un’intro strumentale che si collega direttamente alla già citata “In Waves”, col suo urlo iniziale che scuote l’ascoltatore dalle fondamenta. Ora, non so se sia stato il ponte iniziale dell’intro o la qualità dei suoni migliorata rispetto ai samples di Youtube o semplicemente il fatto che è difficile giudicare un brano fuori dal contesto dell’album, ma “In Waves” nel complesso del disco mi sembra un’altra canzone, incisiva e d’impatto, semplice nel suo incedere ma mai banale.
Proseguiamo quindi con il trittico “Inception of the End”, “Dusk Dismantled” e “Watch the World Burn”, canzoni caustiche e potenti, con un Matt Heafy in grandissimo spolvero dietro al microfono, che provvede a maltrattare con un growl e uno scream mai così graffianti dai tempi di “Ascendancy”, in particolare in “Dusk Dismantled”.
I toni vanno poi smorzandosi più o meno lievemente, prestando il fianco al lato più melodico dei Trivium, in particolare con “A Skyline Severance” e “Built to Fall”, canzoni costruite apposta per un appoggio radiofonico, forse in maniera eccessiva e per alcuni palati addirittura fastidiosa.
Il disco prosegue poi in un saliscendi di pezzi melodici (“Forsake not the Dream”, “Of all These Yesterdays”) e sfuriate metalcore (“Chaos Reigns”), buoni per accontentare un po’ tutti i gusti, data anche la semplicità che ne caratterizza i pattern. Ed è proprio questa alternanza e semplicità di ascolto la caratteristica principale di questo “In Waves”, che lo rende così dissimile dai lavori del passato ma allo stesso tempo riesce ad amalgamare ogni differente peculiarità della band di Orlando. Esempio lampante è “Drowning in Slow Motion”, nella quale si può davvero trovare tutto quello che i Trivium sono e sono stati; uno dei migliori pezzi del disco assieme alla penultima traccia, quella “Shattering the Skies Above” inizialmente prevista solo come accompagnamento del videogioco God of War 3 ma poi giustamente inserita come bonus track in questo nuovo lavoro.
Per quanto riguarda le prestazioni dei singoli, come sempre niente da dire: i Trivium tecnicamente sono ineccepibili, a partire da un Matt Heafy come già detto in grandissima forma dietro il microfono sia nelle parti clean sia nei growls, per arrivare all'ottimo Cory Beaulieu alla chitarra, che assieme a Heafy tesse trame articolate ma mai prolisse, passando per la solida sezione ritmica lasciata nelle mani di Paolo Gregoletto e Nick Augusto. E proprio su Augusto c’era grande curiosità, data la prima esperienza su disco, e devo dire che la curiosità è stata ripagata in maniera molto positiva: il ragazzo è decisamente a suo agio dietro le pelli, pestando come un dannato per tutti i 68 minuti e non facendo assolutamente rimpiangere il pur bravissimo Travis Smith. Nonostante tutto, rimane comunque la sensazione che potrebbe fare ancora di più, quasi il primo approccio lo abbia lievemente intimorito. Vedremo come se la caverà dal vivo, in particolare coi pezzi vecchi del gruppo.

In conclusione un album che, come in occasione dell’uscita di “The Crusade”, spaccherà la critica in due, anche se per motivazioni differenti. E’ un album semplice e diretto, senza troppi fronzoli ma senza nemmeno tonfi clamorosi, nel quale ogni traccia riesce a suo modo a colpire l’ascoltatore, mantenendolo sul filo del rasoio e non annoiandolo mai, il che non è poco. Personalmente mi aspettavo di trovarmi di fronte un album brutto, da stroncare senza mezze misure: mi sono dovuto ricredere, finendo con l’apprezzare decisamente “In Waves”, mettendolo a livello del già citato “The Crusade”, un paio di gradini sotto “Shogun”, mentre “Ascendancy” rimane nel suo Eden di irraggiungibilità, non solo per i Trivium ma per tutte le band che si cimentano nel metalcore. Cari Trivium, non è che vorrete provare a smentirmi col prossimo disco?

Quoth the Raven, Nevermore..
Recensione a cura di Andrea Gandy Perlini

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