Honey For Christ - The Cruelty of Great Expectations

Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2011
Durata:39 min.
Etichetta:Rundown Records

Tracklist

  1. ALL HOPE WAS STRANGLED
  2. ANOTHER WAY DOWN
  3. HOW THE DARK GETS IN
  4. LIAR DISCIPLE
  5. THE DAY WE LOST EVERYTHING
  6. BLAME CORRUPTS
  7. FAILURES WITHIN
  8. THE FINAL TRANSITION

Line up

  • Christ Armstrong: drums
  • Andy Clarke: guitars, vocals
  • Paul Mc Roberts: bass

Voto medio utenti

Ho sempre avuto un debole per i gruppi un po’ “strani”.
Prendete questi Honey For Christ: nome e grafica relativa adatte ad una band di black metal (nel caso della versione per esteso) o eventualmente ad una gang hardcore (nel caso della trascrizione con le sole iniziali puntate), ma poi dediti ad una singolare mistura di heavy “classico”, thrash-death, doom, gothic-rock e new-wave.
In teoria, niente di particolarmente “sconvolgente”, eppure i nostri nord-irlandesi mi attraggono perché danno l’impressione di suonare come se si trattasse di un oscuro rappresentante della NWOBHM più caliginosa, prelevato di forza dagli anni ottanta e sottoposto ad un massiccio trattamento a base di Metallica, Paradise Lost, Slayer, My Dying Bride e (early) Anathema, senza dimenticare di dare un’ascoltatina (magari un po’ di nascosto, non correva “buon sangue” all’epoca tra i rispettivi sostenitori dei due generi!) pure ai campioni dell’altra “nuova onda”.
Sarà per l’intonazione molto british della voce di Andy Clarke e per il suo modo di cantare ipnotico ed espressivo pur senza avere mezzi straordinari a disposizione, sarà per un suono ovattato e “arcaico” (spontaneo o, in tempi di benevolenza per il “vintage”, frutto di un’abile “strategia”? … Difficile dirlo) o ancora per accostamenti tanto affascinanti quanto vagamente “ingenui”, ma “The cruelty of great expectations” appare proprio come il tentativo di un gruppo “antico” di far convivere all’interno del proprio autoctono credo artistico anche sonorità in qualche modo più “moderne”.
Mettendo da parte queste personali suggestioni, gli Honey For Christ (che, è bene ricordarlo, si sono formati nel 1998) si presentano, alla prova del primo full-length, come un’interessante e abbastanza particolare realtà europea, capace di imbastire con sufficiente carisma una credibile rielaborazione di songbook altrui, scadendo solo raramente in deplorevoli forme di evidente riproduzione (“The day we lost everything”, pur gradevole, rischia di rimpinguare il già stratosferico conto in banca di Hetfield & C.), dimostrando discrete doti di scrittura e impregnando di una notevole dotazione emozionale una manciata di brani dal buon valore complessivo.
La sferragliante opener “All hope was strangled” è un legittimo biglietto da visita, soprattutto grazie a un suggestivo break e a un magnetico refrain, ma personalmente preferisco i nostri quando affrontano soluzioni armoniche più introspettive, decadenti e cadenzate, come accade in “Another way down”, e, in parte, “How the dark gets in”, o quando è una forma d’immaginifico dark-doom a imporsi, come succede in “Failures within” (con brandelli di Mission nell’amalgama) e in “The final transition", che con il suo tenue tocco celtico e una progressione dagli accenti epici sviluppa un risoluto appeal sensoriale.
Il furore iconoclasta di “Liar disciple” non dispiace e tuttavia non incide in maniera determinante, mentre “Blame corrupts” sembra voler sintetizzare una sorta di versione vagamente cibernetica dei Metallica, ottenendo risultati tutto sommato onorevoli.
Non so in quanti nutrissero delle grandi aspettative sul lavoro degli Honey For Christ, ma anche senza tali crudeli auspici, se vi accontentate dei suoni onesti, foschi e magari leggermente naif di un metallo sostanzialmente “d’altri tempi”, alle prese con un (già abbastanza datato peraltro) corso d’aggiornamento, vale la pena dar loro una possibilità.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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