Copertina 7

Info

Anno di uscita:2003
Durata:36 min.
Etichetta:EvilBitch 666

Tracklist

  1. MONSTER
  2. HONEYMOON KILLER
  3. THE WHORE I AM
  4. WHEN IT COMES TO CARS
  5. BOOM BOOM BOOM
  6. MAMA’S BOYS
  7. LET’S DESTROY
  8. WHO CARES COME ON
  9. WHITE DRESS
  10. PASADENA
  11. TILL THE END OF TIME

Line up

  • Jeff Angell: vocals, guitar
  • Kyong Kim: guitar
  • Brent Saunders: bass
  • Joshua Fant: drums

Voto medio utenti

Ogni tanto da qualche sperduto buco degli States salta fuori una formazione che pensa ancora al rock senza etichette, che suona senza aver studiato a tavolino l’atteggiamento giusto per infilarsi in qualche categoria, in qualche movimento, soprattutto che se ne frega di qualsiasi moda passata, presente e futura.
Uno di questi buchi nel nulla è Tacoma, stato di Washington, una di queste formazioni è Post Stardom Depression.
Troppo bluesy e puliti per essere stoner, troppo ruvidi e poco malinconici per fare l’alternative, non abbastanza sguaiati e cafoni per impersonare la rock’n’roll band stradaiola, ma con un po’ di tutto questo nel loro sound caldo e vibrante.
Ancora una volta niente a che fare con Kyuss e deserti vari, ma è proprio tra gli appassionati di quell’area che possono trovare il loro pubblico. Li vedo come una sorta di Camaros al rallentatore, le loro canzoni sono fotografie di luridi motels, di sesso svelto sui sedili di una Cadillac, di depressione post-cocaina, quattro volti anonimi buoni sia per fare i “losers” divorati dalla depravazione rock che per bucare il video con qualche filmatino ben congegnato.
Sono già stati in tour con i QotSA ed hanno lavorato con Chris Goss, buon segno perché in quel giro si fa la musica di qualità. Il debutto invece è stato prodotto dalla vecchia volpe Jack Endino, ed è uno di quegli album che ti si sciolgono dentro man mano che li ascolti.
Brani forti dal sapore amaro, come l’iniziale “Monster” rockblues di palude che avvinghia lentamente e pone subito in primo piano la voce vissuta di Jeff Angell, un tipo che sa dare la giusta patina di sensualità alle proprie canzoni. Piace molto il loro potenziale da hit-rock intelligente (chi ha detto “Songs for the deaf”?) ed “Honeymoon killer”,”Boom boom boom”,”Pasadena”, sono già lì belli pronti se soltanto si provasse qualche volta a guardare dietro i soliti nomi. In alcuni casi esagerano con l’ammiccamento, pescando a strascico dai soliti Stones (“Let’s destroy”) ma in generale il tiro prevede antica anima blues e moderni muscoli hard, con drumming poderoso, basso heavy e chitarre spesse (“The whore I am”,”Mama’s boys”) ed il risultato sta a metà strada tra il Seattle-sound e i Roadsaw con buona dose di orecchiabilità.
Gruppo valido, album onesto, belle canzoni, soprattutto la sensazione di poter espandersi in molte interessanti direzioni, cosa che vedremo nelle prossime uscite. Per ora accontentiamoci di dare loro una possibilità.

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