Copertina 6

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2003
Durata:46 min.
Etichetta:Century Media
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. WHY?
  2. THIS NEVER ENDING DREAMING
  3. LOST AND TORN
  4. SOULS OF THE OCEAN
  5. BACK TO REALITY
  6. SAVE THIS WORLD
  7. SET ME FREE
  8. CONFUSION
  9. ANOTHER ONE
  10. MY DEAR ENEMIES
  11. ALONE

Line up

  • Dirk Thurisch: vocals, guitar
  • Dennis Riehle: keyboards
  • Anders Iwers: bass
  • Stefan Gemballa: drums

Voto medio utenti

Progetto solista ad opera di Dirk Thurisch, cantante dei tedeschi Angel Dust, che qui ha dato sfogo alle sue ambizioni di compositore, sue tutte le musiche e le liriche, ed anche di chitarrista.
La formazione è completata dal tastierista Dennis Riehle, cugino di Thurisch, e da due volti noti: Anders Iwers, bassista dei Tiamat, e Stefan Gemballa ex-Red Aim.
Lo stile dei Mercury Tide presenta una forte impronta melodica, una sorta di heavy classicheggiante con puntate nel class-rock di atmosfera notturna e sentimentale. In pratica le canzoni privilegiano arrangiamenti raffinati, con largo uso di tastiere, suoni estremamente puliti ed interpretazioni vocali di limpida passione da parte del leader.
Il risultato non è disprezzabile ma piuttosto anonimo.
Trovo positivi i brani più decisi, che si ricollegano al gruppo originario di Thurisch soltanto con meno irruenza metal, quindi sia le rocciose “Lost and torn” e “My dear enemies” insieme alla cadenzata ed orecchiabile “Back to reality” scorrono via piacevoli pur senza lasciare ricordi indelebili.
Perplessità sulle ambizioni radiofoniche del mid-tempo “Why?”, una sorta di alternative-rock d’atmosfera, e stesso discorso ma con giudizio ancor più negativo per “Another one” rovinata da pessimi inserti elettronici.
Il resto sono estese ballate e slow romantici, in alcune aleggia lo spettro dei Queensryche in altre quello degli Scorpions, in tutte troviamo l’indispensabile armamentario dell’heavy emozionale: inserti di pianoforte, chitarre acustiche, vocals melodrammatiche, ombreggiature dark fino a sfiorare in “Save this world” le ambientazioni autunnali dei Tiamat, nulla che possa essere definito brutto ma con forte sensazione di un prodotto scolastico, prefabbricato ed eccessivamente derivativo.
Addirittura la stessa scaletta dei brani che alterna costantemente un episodio veloce ad uno lento per tutto il disco, offre un’impressione di prevedibilità tutt’altro che esaltante. Nessuna sorpresa, nessuna sperimentazione, impatto mediocre, canzoni passabili che non lasciano il segno.
I fans del cantante o eventualmente degli Angel Dust potrebbero trovare motivi d’interesse in questo album, a patto di non attendersi nulla di trascendentale, tutti gli altri passino oltre senza rimpianti.

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