Copertina 8

Info

Anno di uscita:2011
Durata:58 min.
Etichetta:AFM Records

Tracklist

  1. TRINITAS SANCTUS
  2. TRINITY
  3. SAINTS OF TOMORROW
  4. NO HOLY MAN (FEAT. JAMES LABRIE)
  5. GUARDIAN ANGEL
  6. CAN'T FOOL THE DEVIL
  7. RIVERS OF DESTINY
  8. DARE TO BE DIFFERENT
  9. CHILDREN OF THE TIDE
  10. BLACK WIDOW (FEAT. ANDY DERIS)
  11. JERUSALEM SLEEPS
  12. ROCK 'N' ROLL CHILDREN

Line up

  • Michael Eden: vocals
  • Thorsten Koehne: guitars
  • Paul Logue: bass
  • Alessandro Del Vecchio: keyboards
  • Pete Newdeck: drums

Voto medio utenti

Chi ancora non conosce gli Eden’s Curse dovrebbe proprio farsi un giretto da queste parti, per scoprire questa fantastica band internazionale, dedita ad un hard rock molto particolare e assolutamente personale. Alla base del loro sound c’è infatti un hard rock classico e cristallino, condito però da parecchi richiami progressive e classic metal. Quello che ne esce non è assolutamente un’accozzaglia di cose diverse, ma un disco convincente, coinvolgente e carico di ottime canzoni, impreziosito anche dalla collaborazione con James LaBrie ed Andy Deris.

All’interno dell’album si trova un po’ di tutto: da pezzi strutturati e cadenzati come la title track o Saints Of Tomorrow, a sfuriate rock and roll come Can’t Fool The Devil o Black Widow, a ballad intense come Guardian Angel, fino alla riuscita cover di Rock And Roll Children in omaggio a Ronnie James Dio. Un disco in grado di sorprendere davvero, con innumerevoli richiami di gran classe: su tutti i Queensryche più nobili (quelli di Operation Mindcrime, per intenderci), citati ma assolutamente non copiati in apertura di album. Analizzando le singole performance, invece, direi che l’unico aggettivo che mi viene in mente è “perfette”, in tutto e per tutto, senza inutili protagonismi e senza sbrodolate strumentali fini a sé stesse.

Il mio consiglio è quello di dargli una possibilità: che siate amanti dell’hard rock, del metal melodico o del prog, sono sicuro che tutti voi troverete comunque diversi spunti interessanti. Da parte mia, voto alto ma non troppo, perché qualcosina da limare ci sarebbe ancora (a partire dalla durata a volte esageratamente dilatata dei brani, fino all’eliminazione di qualche filler, che comunque è presente). A parte queste piccole sbavature, dunque, giù comunque il cappello di fronte a uno degli album più interessanti degli ultimi mesi e complimenti ancora una volta al "nostro" Alessandro Del Vecchio, perchè sempre più spesso c'è il suo zampino quando si parla di hard rock di classe.
Recensione a cura di Alessandro Quero

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