Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2010
Durata:45 min.
Etichetta:Frontiers Records
Distribuzione:Frontiers Records

Tracklist

  1. WHAT DO YOU WANT?
  2. I'LL BE FINE
  3. CHANGE THIS WORLD
  4. I NEVER KNEW
  5. I WOULD LIKE TO REACH THE SUN
  6. IT COULD'VE BEEN YOU
  7. HEAR ME CALLING
  8. DEEP IN MY HEART
  9. SO STRANGE
  10. WATCH ME

Line up

  • Olaf Senkbeil: vocals
  • Daniele Liverani: keyboards
  • Tommy Ermolli: guitar
  • Dario Ciccioni: drums
  • Mauro Catellani: bass

Voto medio utenti

L’AOR e il pomp rock, a dispetto di quanto vi potranno raccontare i loro detrattori, non sono per nulla una “roba facile”.
Per poterli “dominare” e aspirare a posizioni di rilevo, bisogna essere istantanei ma non leziosi, rigorosi senza apparire banali, chic in maniera disinvolta e naturale, passionali, colti, dinamici e volitivi, il tutto condensato in un’unica entità che sappia poi tramutare una dotazione attitudinale così importante in note suonate e cantate con la dovuta scrupolosità.
I Prime Suspect, nuovo (super)gruppo (sostanzialmente) italiano di casa Frontiers, conosce sicuramente assai bene le insidie del genere e il suo primo albo si manifesta come un’altra credibile espressione dell’agguerrita truppa melodica nazionale impegnata e attrezzata nel competere a tutte le latitudini per le ardite vette del settore.
Del resto il pedigree dei “nostri” eroi Liverani, Ermolli e Ciccioni (cui si aggiunge un valente Catellani, leggermente meno noto) e quello dello “straniero” della situazione Senkbeil non dava adito a eccessive apprensioni: Khymera (quelli che ci interessano maggiormente in questo caso, ma anche, per una visione più ampia sul fronte della preparazione e della duttilità, Twinspirits, Empty Tremor, Genius, …) e Dreamtide rappresentano solide garanzie “patrimoniali” da offrire in dote anche al più esigente dei rockers melodici, il quale potrà affrontare dunque questo “Prime suspect” con tutta la fiducia che si concede agli esperti e la curiosità del caso.
Sentimenti che si trasformano repentinamente in entusiasmo non appena l’autentica libidine pentagrammata intitolata “What do you want?” s’impossessa con prepotenza del sistema nervoso centrale elaborando i segnali sonori e trasformandoli in pure scariche di soddisfazione cardio-uditiva. Per farla breve si tratta di brano di grande eleganza e forza espressiva, avvincente sotto il profilo melodico e capace di evocare ambientazioni sconfinate, con le chitarre che tracciano la strada, le tastiere che spalancano gli orizzonti e la voce a coordinare con sapienza e misura le urgenti suggestioni emotive.
Poi però qualcosa sembra “spezzarsi” nell’incanto …”I'll be fine” è ancora un ottimo pezzo raffinato e vibrante, ma al primo ascolto il suo effetto appare meno deflagrante e lo stesso si può dire di “Change this world”, da apprezzare comunque per i preziosi impasti vocali e la notevole sensibilità armonica.
Ed eccolo il vero nocciolo del disco, nascosto dietro a quel “a un primo ascolto” appena buttato là non per caso. Il resto del programma, se escludiamo le inquietudini adescanti di ” I never knew” e l’imperiosa intensità di "It could've been you” (scaturita, ma guarda un po’, al pari della fulminante opener, dal dotto pennino di Christian Wolff ), ha bisogno probabilmente di più tempo e di maggiore dedizione per rivelarsi appieno e conquistare concretamente i vostri sensi ed è bene sottolinearlo in un mondo in cui la concorrenza (anche interna all’etichetta che patrocina l’opera!) è autorevole e spietata e la superficialità del pubblico, anche specializzato, è purtroppo sempre più frequente ed estesa.
Con la “giusta” applicazione non potrete che ammirare pure le canzoni in apparenza maggiormente ordinarie, scoprendo poi che “I would like to reach the sun” (con bagliori di Queen, Styx e qualcosa degli House Of Shakira) conferisce un gradevole tocco spensierato allo schema dell’albo, che “Hear me calling”, “Deep in my heart” (e il suo cantato a volte un po’ Journey-esque), “So strange” e la grintosa e magniloquente “Watch me”, di primo acchito vagamente di maniera, possiedono in realtà, sulla lunga distanza, una consistente forza persuasiva e una buona dose di quell’elevazione artistica in grado di andare oltre il frontespizio di un’esecuzione impeccabile.
In sede di commenti finali, dunque, l’unica “colpa” dei Prime Suspect potrebbe essere proprio individuata in una minima carenza in quell’immediatezza che abbiamo identificato come essenziale per il genere, ma sono convinto che musicofili moderatamente pazienti, disposti a concedere attenzioni e il beneficio del tempo e della reiterazione, potranno davvero trovare nei nostri uno tra i “principali indiziati” di quelle “strane” forme di attentato coronarico assolutamente prive di conseguenze negative …
Recensione a cura di Marco Aimasso

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