Copertina 7

Info

Anno di uscita:2010
Durata:31 min.
Etichetta:High Roller Record

Tracklist

  1. GRINGO DEATH
  2. THE POINT OF NO RETURN
  3. CRY HAVOC
  4. DIVINITY OF DEATH
  5. LEX TALIONIS
  6. DEVOLUTIONARY STORMS
  7. TORTURED IN TARTAROS
  8. FURTHER BEYOND
  9. ACID VISIONS
  10. PSYANIDE
  11. ALCOHOLY TERROR

Line up

  • Arild "Arse" Myren Torp - Guitar, Vocals
  • Christian "Kick" Holm - Drums
  • Sindre Solem - Bass, Vocals

Voto medio utenti

Un qualunque ascoltatore che si trovasse di fronte a questo "Divinity Of Death", prima fatica dei norvegesi Nekromantheon, potrebbe interpretare il disco in due modi: o come un sincero tributo ai Kreator più ispirati ed al thrash teutonico anni '80, oppure come una mera operazione che mira ad inserirsi nel bel mezzo del calderone revival che ha investito il metal degli ultimi anni. Siamo ragionevolmente sicuri che la pressochè totalità dei lettori non avrebbe dubbi a votare la prima opzione, sopratuttto dopo aver goduto sulle note di "Divinity Of Death", un disco chiaramente dalle tintè retrò ma che nonostante questo suona sincero e onesto, promettendo di far cadere molte teste di thrasher a furia di headbanging. Come già avrete intuito, la primaria fonte di ispirazione proviene dalla scena tedesca tanto cara ai primi Kreator e sporcata da qualche inflessione proto-black metal a rendere ancora più grezzo e primitivo il sound dei Nekromantheon, che sublima in brani come le convincenti "Gringo Death", "Tortured In Tartaros", "Divinity Of Death" o "The Point Of No Return", giusto per dare qualche riferimento diretto alle canzoni. "Divinity Of Death" è quindi un concentrato di 30 minuti di purissimo thrash d'annata, sincero e sentito e pertanto lontano da qualsiasi scelta di comodo o paraculaggine, dove la velocità è il comune denominatore di tutti gli undici pezzi della tracklist che certamente dal vivo scateneranno un putiferio di mosh e stage diving.
La lezione dei grandi maestri i Nekromantheon l'hanno imparata bene. La personalità non sarà la loro caratteristica peculiare ma dinnanzi ad un platter di questo calibro non si può fare altro che togliersi il cappello.
Recensione a cura di Michele ’Coroner’ Segata

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