Copertina 4,5

Info

Past
Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:1996
Durata:49 min.
Etichetta:BMG

Tracklist

  1. HARD ATTACK
  2. CROSSROADS
  3. MAKING ME SCREAM
  4. DIGGIN' IN THE DIRT
  5. LAY IT DOWN
  6. IT AIN'T OVER YET
  7. PREDATOR
  8. CRUCIFIED
  9. TAKE OUT THE CRIME
  10. DON'T GIVE A DAMN
  11. RUN THROUGH THE NIGHT
  12. PRIMITIVE

Line up

  • Udo Dirkschneider: vocals
  • Wolf Hoffmann: guitars
  • Peter Baltes: bass
  • Michael Cortellone: drums

Voto medio utenti

Con la pubblicazione di “Death Row” nel 1994, si era aperta definitivamente la crepa non solo all’interno dei rapporti fra i singoli membri degli Accept, ma anche musicale. Dopo il tour a seguito dell’album citato poc’anzi, la band non spreca neanche molto tempo nel comporre i brani che andranno a far parte di “Predator”, uscito due anni più tardi nel 1996.

Sì, perché gran parte dei dodici pezzi che compongono “Predator” sono stati riarrangiati in corso d’opera dal gruppo che, conscio di non poter andare avanti ancora per molto, ha preferito usare vecchie composizioni e metterci mano quel poco che bastava per farle apparire compatte e degne di essere presenti su un album. Va detto però fin da subito, che “Predator” è un album fondamentalmente scarno, vuoto.

Scordatevi i riff di “Restless And Wild”, o l’immediatezza di alcune pezzi presenti su “Metal Heart”, gli Accept non sembrano neanche loro su questo album. Poche cose da salvare, probabilmente se non durasse un’eternità “Crossroads” ha un bell’intreccio di tonalità vocali fra Peter Baltes e Udo, “Lay It Down” alla fine dei conti ha un bel tiro, e “Don’t Give A Damn” si difende abbastanza bene. La band però continua imperterrita su quei riff groove che poco si addicono al suo stile, come in “Diggin’ In The Dirt” o “Making Me Scream”. Non aiuta neanche una produzione che riesce perlomeno a rendere giustizia in termini di suoni a tutti i musicisti, data la pochezza di qualità presente sul disco. “It Ain’t Over Yet”, dall’andamento quasi blues e cantata interamente da Baltes prosegue nella noia generale, e neanche la successiva Titletrack che ha dalla sua un riff che sembra uscito da un pezzo qualsiasi di “Death Row”, riesce a far decollare il disco.

“Predator” è la prova tangibile che, dopo il precedente album, gli Accept avessero esaurito in tutto e per tutto le frecce nel loro arsenale, e dopo un tour abbastanza povero di date dove furono pochi i pezzi suonati del disco in sede live, nel 1997 la band decise di sciogliersi, con il singer che tornerà nei suoi U.D.O., mentre Hofmann (dopo la pubblicazione di un disco solista),e Baltes si ritireranno a vita privata. La band si riformerà nel 2005 per una breve reunion, per poi tornare in pianta stabile con Mark Tornillo nel 2010, cercando di lasciarsi alle spalle un periodo abbastanza buio come quello di “Predator”.

Recensione a cura di Francesco Metelli

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