Copertina 4,5

Info

Anno di uscita:2010
Durata:57 min.
Etichetta:Autoprodotto

Tracklist

  1. THE FALL OF MODERN THOUGHT
  2. HORON VAKEL
  3. BEEHIVE
  4. BERYLLIUM CRISIS
  5. SHEEP OF SADE FATE
  6. A HAPPY STORY
  7. A LITTLE UNEASY
  8. MESORIA A LARKARA
  9. A ZEN HORIZON
  10. TO A SOMBER PLACE
  11. TRILOBETH
  12. GIRLS FROM MARS
  13. TORN

Line up

  • Cal Scott: all instruments

Voto medio utenti

La carriera e la storia di questo progetto musicale chiamato Umbah, e proveniente dal Regno Unito, possiede qualcosa di incredibile: praticamente dal 1996 ad oggi non c'è stato anno in cui non sia stato rilasciato sul mercato un disco che lo riguardi, e con quali risultati? Praticamente nulli, sotto tutti i punti di vista possibili, da quelli prettamente artistici fino a raggiungere quelli commerciali. Questo Trilobeth è uscito originariamente nel corso del 2007 ma arriva soltanto adesso, e non si capisce nemmeno se sia una ristampa, anche perchè non ci sono biografie allegate o cose simili. Ad ogni modo Umbah si esprime attraverso una superficiale e anche infantile commistione di Electro/Industrial/Gothic e Death Metal molto all'acqua di rose, quando ovviamente questa corrente estrema perviene. L'unico elemento di interesse che poi si trasforma nell'unica ancora di salvezza è una produzione tutto sommato ben curata e ricca di suoni, peccato soltanto che siano le idee di base a non essere altrettanto valide e convincenti. Non ho avuto l'occasione di poter ascoltare qualche suo disco precedente, e questo è un fattore che non mi permette di dire se Trilobeth sia il frutto di un discorso in aperta maturazione e se oppure sia l'inizio definitivo verso il collasso artistico. Quello che però in definitiva rimane impresso nel presente è una dispersione e una confusione stilistica che non porta da nessuna parte, anzi, rende la musica di Umbah un ibrido privo di sostanza e con idee spesso riciclate da chissà quale altra parte. In ultimo ci si mette una quantità di canzoni spropositata, che rapportata ad una durata complessiva che sfiora l'ora è come dare il colpo di grazie ad un malato terminale. A dire il vero nel caso di Umbah è un po' un suicidio considerato il fatto che se anche venisse ridotta non si otterrebbero chissà quali sostanziali rivoluzioni qualitative.
Recensione a cura di Andrea 'BurdeN' Benedetti

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