Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2010
Durata:44 min.
Etichetta:AFM
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. MECHANIZE
  2. INDUSTRIAL DISCIPLINE
  3. FEAR CAMPAIGN
  4. POWERSHIFTER
  5. CHRISTPLOITATION
  6. OXIDIZER
  7. CONTROLLED DEMOLITION
  8. DESIGNING THE ENEMY
  9. METALLIC DIVISION
  10. FINAL EXIT

Line up

  • Burton C. Bell: vocals
  • Dino Cazares: guitar
  • Byron Stroud: bass
  • Gene Hoglan: drums

Voto medio utenti

Anche se negli ultimi anni ho seguito i Fear Factory con meno interesse rispetto al periodo “Demanufacture” / “Obsolete”, mi ero comunque interessato alla vicenda che li ha visti protagonisti negli ultimi mesi riguardo l’utilizzo del nome da parte delle due fazioni avverse. Quando alla fine ho letto che a spuntarla erano stati Cazares e Bell non vi nascondo che ho tirato un sospiro di sollievo, visto che ho sempre visto incarnato in loro due il lato più valido e caratteristico della band. Certo l’assenza di Herrera dietro le pelli mi aveva fatto preoccupare non poco, vista la sua chirurgica precisione nel cesellare ritmiche al limite dell’umano a sostegno dei riff taglienti di chitarra.
Quando però ho letto il nome del suo sostituto mi sono rincuorato, anche se qualche dubbio comunque mi era rimasto. Dubbio puntualmente svanito nel momento in cui ho iniziato ad ascoltare “Mechanize”.
Già, perché il buon vecchio e panciuto Gene Hoglan s’è dimostrato ancora una volta al di sopra di tutti dando vita ad una performance strabiliante, in cui è possibile sia riconoscere il famoso trade mark della band, quindi uso smodato della doppia cassa a sostegno di ritmi veloci e dinamici, sia il suo personalissimo stile. Insomma, non ha stravolto ma al tempo stesso ha personalizzato, e questo solo i grandi sono in grado di farlo.

Appurato questo primo fattore, com’è il resto del disco? Beh, devo dirvi che al primo ascolto mi aveva quasi deluso, e anche se io normalmente difficilmente cambio idea con gli ascolti successivi, devo dire che questa volta mi son dovuto ricredere, perché “Mechanize” è un disco che acquista valore col tempo.
Le caratteristiche peculiari della band ci sono tutte, dai riff al fulmicotone alle urla bellicose di Bell, senza dimenticare il lato melodico che da sempre contraddistingue i Fear Factory. Dov’è quindi l’inghippo, se c’è? Beh, forse proprio in quest’ultimo aspetto, che secondo me in alcuni frangenti risulta leggermente forzato, come a voler ricercare a tutti costi il ritornello melodico piacione… Però tutto sommato si tratta di un piccolo neo che non inficia il risultato finale, visto che comunque la parte più granitica delle song spacca veramente tutto. Muro di suono, batteria terremotante, la band sembra aver trovato nuova ispirazione, e anche se non ci troviamo di fronte al nuovo “Demanufacture” e neanche di fronte al nuovo “Archetype”, “Mechanize” è in ogni caso un ottimo album sopra la media, a metà strada, stilisticamente, tra “Obsolete” e l’ultimo disco prima dello split.

L’unico fattore che mi ha lasciato leggermente perplesso, perché non sono riuscito a capire bene se dipende da una registrazione non ottimale o dalle sue reali capacità, è stata proprio la voce di Burton C. Bell. Per carità, urla ancora come un dannato e il suo classico timbro è assolutamente riconoscibile, sia nelle parti più violente che in quelle più melodiche, però in più di un’occasione mi è sembrato leggermente “spompato” (passatemi il termine), non più in grado di spingere forte come una volta. Toccherà verificare dal vivo, perciò, il reale stato di salute delle sue corde vocali…

Detto quindi che il disco risulta come diviso in due, con una prima parte micidiale e d’impatto e una seconda parte più ragionata e dinamica, detto che non manca il classico brano lungo e atmosferico posto in chiusura (“Final exit”), e che per quanto mi riguarda i brani migliori sono la titletrack (che all’inizio mi aveva fortemente deluso, ma che riascoltandola bene ha il suo perché…), “Fear compaign”, una mazzata tra capo e collo nonostante il suo stranissimo e ipnotico refrain pulito, la chirurgica “Powershifter” e la successiva “Christploitation”, non mi resta altro da fare che consigliarvi di dare come minimo un ascolto a “Mechanize”, che vedo in pratica come una sorta di album di transizione per far assestare la nuova line up. Se le premesse sono queste immagino che per il prossimo disco ci siano buone possibilità di ascoltare un nuovo capolavoro.

Per concludere... stendo un velo pietoso sull'edizione limitata che la Nuclear Blast ha deciso di pubblicare. Si tratta di un box contenente il digipack del CD, una toppa (12x5cm), un poster formato A2 e uno sticker, e fin qui niente di strano... ma la matita da carpentiere, il martello, e il metro??!??

Ok che ascoltiamo metallo pesante e l'album si chiama "Mechanize", ma qui stiamo esagerando...
Recensione a cura di Roberto Alfieri

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 05 feb 2010 alle 14:12

Credo che il martello e il metro siano perché i FF vengono generalmente etichettati come industrial.

Inserito il 04 feb 2010 alle 16:10

Tra l'altro... è una mia impressione oppure qui e li il buon Dino si è un po' meshugghizzato?

Inserito il 04 feb 2010 alle 10:59

opinione più che rispettabile incomprensibile, caratterialmente a parte, la scelta di allontanare herrera

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