Copertina 7,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2009
Durata:42 min.
Etichetta:Century Media/Roadrunner Records

Tracklist

  1. FACEBREAKER
  2. THE BATTLE OF J. CASEY
  3. UNDIVINE PROPHECIES07
  4. BRINGER OF PLAGUES
  5. REDEFINE
  6. ANARCHAOS
  7. MONOLITHIC DOOMSDAY DEVICES
  8. LETTER TO MOTHER
  9. ENEMY KILL
  10. DARKNESS EMBEDDED
  11. THE END BEGINS

Line up

  • Travis Neal: vocals
  • Dino Cazares: guitar
  • Joe Payne: bass
  • Tim Yeung: drums

Voto medio utenti

La curiosità nei confronti del secondo disco dei Divine Heresy del corpulento Dino Cazares (Fear Factory) è iniziata a crescere di intensità dentro di me appena saputo che al basso sarebbe subentrato Joe Payne, uno che il Death Metal lo conosce bene. Rimasi generalmente abbastanza colpito, in senso positivo, dal loro esordio di due anni fa intitolato Bleed The Faith, perchè si poteva intuire qualche spiraglio di un più corposo Metal estremo che se sviluppato a dovere avrebbe dato una marcia in più a questo gruppo. Alla luce di questo nuovo Bringer Of Plagues si può tranquillamente affermare che l'iniezione a base di Thrash/Death Metal sia stata portata a termine, soprattutto nei confronti di certe aperture al Metalcore che all'epoca erano più presenti rispetto ad oggi. A dire il vero ci sono ancora, ma non sono di certo la maggioranza. Basta la prima Facebreaker, oppure la seguente The Battle Of J. Casey a mettere in chiaro le bellicose intenzioni dei Divine Heresy, una perfetta e oliata macchina da guerra che con il suo lavoro in sede ritmica annichilisce qualsiasi cosa. Dentro questo album troverete un martellamento continuo, creato ad opera da un insieme di alieni venuti per invadere la terra, almeno questa è l'impressione che se ne ricava ascoltandoli. E' tutto perfetto e dall'anima meccanica, forse un tantino troppo, un po' più di varietà in sede ritmica non sarebbe male. Nella seconda metà del disco si apre qualche spiraglio melodico in brani come Monolithic Doomsday Devices, dove i tempi rallentano per fare spazio ad atmosfere più cupe, e con buoni risultati, stesso discorso per Darkness Embedded. Dino Cazares si conferma un songwriting ispirato e potente anche se il bacino da cui attinge richiama molto i Fear Factory, e questo non potrebbe essere altrimenti, però a differenza degli Arkaea qui dentro tutto è più penetrante e aggressivo. Con buona pace di Raymond Herrera. Buona pure la prova del nuovo cantante Travis Neal, sicuramente più arrabbiato del suo precedessore, e più capace, anche se non disdegna ogni tanto l'uso della voce pulita. In due anni i Divine Heresy si sono incattiviti e perfezionati, se la strada che decideranno di seguire in futuro è questa sono previsti ulteriori massacri. Monolitici.
Recensione a cura di Andrea 'BurdeN' Benedetti

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