Copertina 7

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2009
Durata:55 min.
Etichetta:Ear/JVC
Distribuzione:Edel

Tracklist

  1. DEEP UNKNOWN
  2. FALLING STAR
  3. KING OF NOTHING
  4. BLIND
  5. WINTER SKIES
  6. FOREVER IS TODAY
  7. HIGHER WE GO
  8. SOMEHOW PRECIOUS
  9. EMANCIPATION SUITE I: DUSK
  10. EMANCIPATION SUITE II: DAWN
  11. WHEN MOUNTAINS FALL

Line up

  • Timo Kotipelto: vocals
  • Matias Kupiainen: guitars
  • Jens Johansson: keyboards
  • Lauri Porra: bass
  • Jörg Michael: drums

Voto medio utenti

Partiamo da una semplice considerazione.
Gli Stratovarius da leggenda e protagonisti del power metal europeo erano diventati un ensemble ridicolo, agli "onori" della cronaca più per le ridicole trovate da gossip di Tolkki/Johansson che per i loro sempre più risibili album.
A partire dal primo "Elements" del 2003 sino all'orripilante omonimo disco del 2005, gli Stratovarius hanno cessato di essere una band e sono diventati una barzelletta, peraltro di quelle che non fanno ridere.
Tra falsi e veri colpi di scena, la situazione è finalmente cessata con la scandalosa fuoriuscita del mastermind Timo Tolkki, passato ai suoi Revolution Renaissance, e con il golpe del trio Kotipelto/Michael/Johansson, accompagnati in questa nuova avventura dal giovane virtuoso della sei corde Matias Kupiainen e dall'ex bassista dei Sinergy Lauri Porra.

La buona notizia sta nel fatto che, togliendosi di dosso tutta la merda accumulatasi negli ultimi anni, gli Stratovarius sono tornati ad essere una band ed a registrare un disco degno di questo nome. La semi-cattiva notizia è che, come facilmente si lasciava supporre, ovviamente i fasti del passato sono irraggiungibili: quindi da questa separazione non ci ha guadagnato nessuno?
Beh, diremo il contrario. Dopo tre dischi penosi insieme, sia Tolkki che Kotipelto sono riusciti a comporre qualcosa di buono in solitario.
Ad evidenziare che la convivenza era diventata davvero impossibile.

Passando ad esaminare nel dettaglio questo "Polaris", e dopo aver superato l'impatto della magneficente copertina, una delle più belle (se non la migliore) di tutta la loro discografia, si rimane stupefatti di fronte al lavoro di songwriting dei nuovi Stratovarius: Jorg Michael non sa nemmeno come si disegni una nota sul pentagramma, Johansson non scrive un brano da quando duettava con Malmsteen nei Rising Force e Kotipelto...beh, lo abbiamo ascoltato con terrore nei suoi dischi solisti.
A questo punto o è intervenuto il Signore con un miracolo oppure il miracolo l'ha fatto il ragazzino Matias Kupiainen, ma dato che non possediamo i credits dei brani lasciamo ai posteri l'ardua sentenza.
Fatto sta che brani come l'opener "Deep Unknown" ritrovano il brio e la carica del passato, con duetti di chitarra/tastiera, suoni synth molto ma molto efficaci, ritornelli catchy ma senza cadere nel banale e nel puerile come purtroppo spesso accade in queste occasioni, ed anche la successiva "Falling Star" si dimostra un'eccellente mid-tempos, pieno di feeling, di carica, richiamante in mente le atmosfere di un ormai lontanisimo "Fourth Dimension".
"King of Nothing" presenta invece le prime incertezze, da classico brano a firma Kotipelto (ci scommetterei la paga mensile che mi passa EUTK): super lentone cadenzatissimo, modello "Babylon" di Episode, che però ha il pregio di esplodere in un ritornello nuovamente davvero indovinato e riuscitissimo: dopo decine di ascolti il pezzo conquista e senza far gridare al miracolo questo "Polaris" comincia a farci abbozzare un malcelato sorriso di soddisfazione nel ritrovare perlomeno guarito una band che fino a pochi mesi fa sembrava in coma irreversibile.
La voglia di cimentarsi in un brano neoclassico e superare l'ex amico Tolkki viene fuori in "Blind", brano vecchia maniera sparatissimo, doppia cassa e clavicembalo come se piovessero, a dire la verità molto anonimo e fin troppo lineare, sebbene più che ascoltabile, anche grazie a delle linee vocali positive ed al solito duetto chitarra/tastiera molto interessante.
A quanto pare oggigiorno agli Stratovarius riescono meglio i pezzi lenti e "Winter Skies" ne è una ulteriore conferma: echi di "Winter" (guarda caso!) o "The Abyss of Your Eyes" escono fuori prepotentemente per un altro super mid-tempos che però funziona alla perfezione, senza cali di tensione o songwriting prolisso, con un tocco finale di romanticismo pianistico ed assolo straziante; sulla falsariga di "Blind", e di tutti i brani alla "Phoenix" e "No Turning Back", ecco che arriva "Forever is Today" che nulla toglie e nulla aggiunge alla classica Stratosong da manuale, che si scrive, compone, arrangia e suona nel giro di mezza mattinata...
Leggermente meglio "Higher We Go" che si tiene sulle medesime coordinate ma presenza maggior varietà ed interesse, mentre la successiva "Somehow Precious" rallenta di nuovo ma senza raccogliere gli entusiasmi dei brani lenti trovati in precedenza, sebbene si mantenga perlomeno dignitosa, ma un po' noiosa e prolissa.
E' giunto il turno della lunga "Emancipation Suite", divisa in due parti, ovvero "Dusk" e "Dawn": la prima, di 7 minuti, che ci auguriamo di non dover mai vedere dal vivo, è una legnata lentissima ed un po' pretenziosa, che non decolla (gli echi della sempre citata "Babylon" si fanno sempre più pressanti...) ed è anzi affossata da un chorus tutt'altro che trascendentale e dalla coppia Kupiainen/Johansson che stavolta non brilla, mentre la seconda "Dawn", di soli 4 minuti, è sostanzialmente inutile, a fronte di un buon assolo.
Chiude, in maniera a nostro avviso davvero pessima, un clone di "Forever", ovvero la ballad "When Mountains Fall", quanto di più melenso, banale, scontato e poco riuscito sia mai stato scritto dai nostri...no ok, "Maniac Dance" era peggiore. In ogni caso l'unica emozione che questa ballad riesce a suscitare è quella della noia mortale.

In definitiva questo "Polaris" va visto sicuramente in un'ottica positiva: l'album della rinascita, non tanto per il proprio valore che in ogni caso è discreto, quanto per il demerito dei tre pessimi albums che lo precedono; confidando in un clima più sereno all'interno della band, speriamo anche in futuri lavori ancora più equilibrati e convincenti.

Nota a margine: due cose assolutamente da segnalare ovvero la produzione, davvero PERFETTA, e la voce di Kotipelto sulla quale, manco a dirlo, poggia in maniera basilare tutto il songwriting degli Stratovarius e senza la quale ogni composizione perderebbe almeno il 50% del proprio valore. Quell'aura nordica e quelle vette solo da lui raggiunte sono il quid che manca ai Revolution Renaissance ed alle composizioni odierne di Tolkki, l'unico che con la sua voce, vedi "Twilight Time" e "Dreamspace", potrebbe non farlo rimpiangere.
Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli
Hmmm

Perfetto! Un album perfettamente BRUTTO!!! Se non fossero gli Stratovarius, sarebbe passato totalmente inosservato...

To Hell And Back Again!!!

Ottimo!!! Mitici Strato!!!! X Me Promosso A Pieni Voti :-)

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 24 mag 2009 alle 10:10

Buon disco, suonato alla grande e prodotto ancora meglio! Si sente la mancanza del Timo con la panza, soprattutto nelle melodie ma bisogna però dire che questo è un buon primo passo di un nuovo gruppo! Decisamente meglio dei due Episode e dell'ultimo omonimo, il mio voto è un buon più che sufficiente!

Inserito il 22 mag 2009 alle 12:36

Bravi Strato! Gran bel disco, ben prodotto e ben suonato. Secondo me l'abbandono del panzone alla fine ha giovato.

Inserito il 22 mag 2009 alle 10:59

Non buttate i vostri soldi,ormai sono finiti

Queste informazioni possono essere state inserite da utenti in maniera non controllata. Lo staff di Metal.it non si assume alcuna responsabilità riguardante la loro validità o correttezza.