Con un look “moderno” (difficile parlare di
“hair” metal, eppure …) e l’anima saldamente ancorata agli eighties, il talentuoso produttore / musicista / compositore (il suo curriculum è più consistente delle uscite sul mio estratto conto, e Vi assicuro che stiamo parlando di numeri importanti … Candlemass, Europe, Crashdiet, Bruce Kulick, Brian “Robbo” Robertson, Easy Action, Randy Piper´s Animal e Zan Clan, solo per citare alcune delle situazioni che lo hanno visto coinvolto nelle sue varie vesti e che gli hanno, tra l’altro, consentito di vincere due Grammy svedesi)
Chris Laney ci propone un lavoro solista davvero eccellente, che farà la gioia di tutti quelli che amano quella forma di rock ‘n’ roll viscerale, figlio del glam più selvaggio, che proprio in quegli anni ebbe il suo massimo splendore e che oggi sembra vivere una sorta di “seconda giovinezza”.
Ascoltare “Pure” ci riporta ai tempi in cui il rock appariva veramente come una cosa “temibile”, “libera” e “ribelle”, una sostanza che, con un’attitudine disimpegnata e sfrontata, ti riempiva le vene d’endorfine tramite cori incendiari capaci di conquistare al primo ascolto, linee armoniche granitiche e contagiose corroborate da grossi riff e da strutture ritmiche “semplici” e pulsanti.
Ad una “cultura” specifica di grande spessore, Chris aggiunge tutta la sua nota abilità come songwriter, realizzando un disco assai fresco e coinvolgente, entusiasmante per certi versi, vista la sua capacità di catalizzare l’attenzione e il divertimento per tutta la sua durata, anche grazie ad una nutrita schiera d’ospiti (Bruce Kulick, Lennart Östlund – producer per Led Zeppelin, Rolling Stones, ABBA - Mats Levén, Martin Sweet dei Crashdïet e Vic Zino degli Hardcore Superstar) che contribuiscono con dovizia alla “causa”.
“Situation” irrompe con tutta la sua ammaliante carica contagiosa, “I dunno”, seduce con una miscela Warrant / Motley Crue / Kiss a cui non sarà facile resistere, “Make you cry” e “Make my day” (backin’ vocals courtesy of Mats Levén, e i suoi Treat risultano globalmente parecchio seminali per questo Cd) strisciano un po’ alla maniera di Alice Cooper, mentre “The stranger in you” sfoggia un irresistibile afflato melodico non lontano dai magistrali Winger e un refrain di cui Paul Stanley andrebbe fiero, riuscendo a superare in apprezzamento le pur ampiamente meritevoli songs che la precedono e la seguono nella scaletta.
Ottime vibrazioni ancora da “Fire & ice” (bello il solo di Sweet e il tocco tastieristico finale), “I hate yer guts” e “Pissed at what ya missed” (tra Van Halen e Shotgun Messiah) combinano virtù energetiche e testi espliciti, “Get u down” e “Last man standing” omaggiano i Def Leppard e la loro proverbiale capacità di trattare melodia e rock duro, “Skin on skin” e i suoi arrangiamenti vocali Queen-esque ci consente di evocare vagamente alla memoria i grandi e misconosciuti (anche se recentemente ristampati) T-Ride o ancor di più Robbie Valentine e “Pride B 4 the fall” chiude un album vibrante con sprazzi “orientali” alla The Throbs.
Come si diceva all’inizio di questa disamina, il suono sleaze sta riacquisendo proseliti (anzi, questi, forse non li ha mai persi!) e interesse un po’ in tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla “vecchia” Europa … tra i più autorevoli rappresentanti di tale “ricorso storico” personalmente inserisco senza dubbio il nostro Chris Laney … un “puro”, competente, credibile e “attuale” street rocker.
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