Copertina 4,5

Info

Anno di uscita:2009
Durata:90 min.
Etichetta:Code666
Distribuzione:Aural Music

Tracklist

Non disponibile

Line up

  • Brooke Johnson: vocals & guitars
  • Michael Blenkarn: guitars & keyboards
  • Ian Fenwick: bass
  • Dan Mullins: drums

Voto medio utenti

Il ritorno dei The Axis Of Perdition, a quattro anni da “Deleted Scenes From The Transition Hospital”, è una buona notizia, vista la passata, per certi versi ottima, produzione della band inglese, partita suonando black metal e finita nei meandri dell’industrial/ambient music più malata che ci possa essere.
Il nuovo “Urfe” è un disco molto controverso, un concept che narra la storia di Urfe, impersonata per l’occasione dalla voce narrante di Leslie Simpson, attore visto all’opera in film quali “The Descent” e “Dog Soldiers”. L’opera consta di un digipack con all’interno due dischi, entrambi di sei tracce ed entrambi della durata di circa tre quarti d’ora.
Il primo disco, chiamato “Grief Of The Unclean” è praticamente un monologo di Urfe, con in sottofondo un tappeto ambient oscuro e malato, ricco di field recordings, disturbante sicuramente, ma secondo la mia modesta opinione troppo prolisso. Il parlare fitto di Leslie Simpson cozza contro le atmosfere di fondo delle tracce. Andrebbe lasciato maggior spazio alle atmosfere tetre in luogo dei deliri di Urfe. Deliri che, tra le altre cose, secondo me non rendono bene lo stato d’animo del protagonista. Avrei gradito un’interpretazione più teatrale e tragica.
Per quel che mi riguarda sarebbe bastato condensare tutto nel semplice “Am I dead?” contenuto nell’ultima traccia.
Il secondo disco, chiamato “The Great Unwashed”, riparte laddove il primo era finito. Bisogna attendere la seconda traccia per sentire finalmente le chitarre, un cantato degno dell’atmosfera apocalittica che la canzone regala, pregna di rimandi a certo funeral doom.
Dalla terza traccia in poi avviene quello che auspicavo nel primo disco, la voce di Leslie si dirada, lasciando spesso spazio a landscapes desolati e angoscianti, i quali deflagrano nella quarta traccia, veramente disturbante e dai toni rituali.
La traccia conclusiva mostra aperture più melodiche e progressive, chiudendo il disco con una trentina di secondi di silenzio assoluto.
È difficile dare un giudizio su questo disco, perché pochi sono i parametri oggettivi su cui basarsi. Di sicuro non l’ho apprezzato, perché sostanzialmente nel complesso è un disco noioso, cervellotico nel senso deteriore del termine. Anche ascoltandolo più volte riesce difficile penetrarne il mood ed è tutto lasciato alle personali suggestioni dell’ascoltatore.
La seconda parte risolleva le sorti dell’opera, e singolarmente considerata è quasi discreta. Tuttavia nel complesso il disco è assolutamente insufficiente, perché non riesce ad essere malato, perverso e angosciante come era nelle intenzioni, e soprattutto nelle capacità, della band
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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