Copertina 6

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2009
Durata:45 min.
Etichetta:Metal Blade
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. TRACE OF SIN
  2. PARASITES
  3. MACHINERY
  4. INSTIGATOR OF DEAD FLESH
  5. DELLUSIONISTS
  6. ARMY OF THE DYING SUN
  7. DEAD HARVEST
  8. TOOLS OF DEMISE
  9. DEATHTRADE
  10. THE ASYLUM

Line up

  • Mårten Hansen: vocals
  • Linus Nirbrant: guitars
  • Leo Pignon: guitars
  • Jesper Löfgren: bass
  • Fredrik Andersson: drums

Voto medio utenti

Terminato l’ennesimo ascolto di questo “Dead Harvest”, mi accingo, perplesso, a una riflessione: che senso ha, nell’anno 2009, proporre un album del genere?

Eh sì, perché proprio come per il loro esordio “Inside The Machine”, gli svedesi This Ending ci propongono null’altro che il solito, inflazionato, Swedish Death Metal (scuola Gothenburg, naturalmente), la cui unica, sottile differenza tra un lavoro di Dark Tranquillity o Hypocrisy, è un piglio più moderno nei suoni e in qualche sporadica scelta stilistica tipicamente Industrial (chi ha detto Fear Factory?). Sia chiaro, non si scade mai nella mera scopiazzatura, ma è piuttosto avvilente sentire gli stessi abusati riff riproposti, con mestiere, in salsa diversa; ed è proprio questa l’attenuante del gruppo e una certa chiave di lettura della loro creatura. "Dead Harvest" è suonato e prodotto ottimamente, è solido e in fin dei conti non contiene pezzi “brutti” in assoluto. E’ inutile negare l’abilità di questi cinque musicisti svedesi (parliamo di gente del calibro di Fredrik Andersson, non uno qualunque insomma). I brani sono d’impatto, melodici, facilmente fruibili per l’ascoltatore medio. Tutto è ben amalgamato e a un primo ascolto disattento l’album potrebbe anche risultare un lavoro piacevole, ma è innegabile, andando più in profondità, che le lacune ci sono e non si può, purtroppo, soprassedere.

Questo è che fa rabbia: i This Ending hanno un enorme potenziale, gli uomini giusti per distinguersi da quel calderone di mediocrità che è il Melodic Death a oggi, ma si limitano al compitino regalandoci un album che alla fin fine non è malvagio, ma lascia l’amaro in bocca. La sufficienza è soprattutto un incoraggiamento a dare quel qualcosa in più per fare il decisivo salto di qualità.
Recensione a cura di Matteo '3ru' Fusillo

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