Copertina 9,5

Info

Past
Genere:Power Metal
Anno di uscita:1996
Durata:62 min.
Etichetta:Limb Music / Rising Sun

Tracklist

  1. CROSSING
  2. NOTHING TO SAY
  3. SILENCE AND DISTANCE
  4. CAROLINA IV
  5. HOLY LAND
  6. THE SHAMAN
  7. MAKE BELIEVE
  8. Z.I.T.O.
  9. DEEP BLUE
  10. LULLABY FOR LUCIFER

Line up

  • André Matos: vocals
  • Kiko Loureiro: guitars
  • Rafael Bittencourt: guitars
  • Luis Mariutti: bass
  • Ricardo Confessori: drums

Voto medio utenti

Non riesco a slegare un disco da “come suona” e da chi c’è dietro a quel “suono”. Perché una (piccola) verità esiste, e cioè che un brano scritto bene e prodotto male passerà sempre inosservato rispetto a un brano scritto bene e prodotto bene (quello scritto male e prodotto male lasciamolo pure fuori da questo portale). Alle spalle degli Angra degli esordi ci sono due personaggi che magari dicono poco, ma che di fatto sono stati (e sono tuttora) dei veri e propri artefici di un certo tipo di sound complesso, pomposo e a tratti estremamente elaborato. I responsabili nello specifico sono Charlie Bauerfeind (affermato ingegnere del suono per Blind Guardian, Rage, Helloween e Gamma Ray per citare i più noti) e Sascha Paeth, i cui servigi tecnici renderanno celebri, tra gli altri, i nostrani Rhapsody/Luca Turilli e le produzioni più recenti di Tobias Sammet. Fatta questa doverosa premessa per rendere giustizia a persone che altrimenti finirebbero nel dimenticatoio, cominciamo a parlare di questo “Holy Land”, probabilmente il punto più alto raggiunto dalla formazione “classica” degli Angra con André Matos alla voce. L’album, riducendo ai minimi termini, è un concept che narra dei viaggi alla scoperta del continente sudamericano (una volta aperto il libretto ci si ritrova in mano una mappa) nel Cinquecento a cavallo della colonizzazione portoghese. Ecco allora che il “suono” più prettamente metal del combo carioca si apre a strumenti classici, a percussioni brasiliane e ad arrangiamenti “progressivi” nel senso più puro del termine, ben oltre quei limiti valicati con il precedente “Angels Cry”. “Holy Land” è un caleidoscopio di sonorità che vanno dalla musica classica (l’introduttiva “Crossing” è un brano per coro di Giovanni Pierluigi da Palestrina) alla musica etnica (“Carolina IV” e “The Shaman”), passando per il metal tout-court (“Nothing To Say” e “Z.I.T.O.”) e le ballate pianistiche del sopraccitato Matos (“Make Believe” e “Deep Blue”). In una parola sola un album “raffinato”, termine poco utilizzato in ambito metal, ma che in questo caso calza a pennello.

A cura di Gabriele Marangoni

Recensione a cura di Ghost Writer
FaVoLoSo

Capolavoro, parola spesso di cui si abusa (purtroppo), probabilmente se guardate sul dizionario troverete Capolavoro=Holy Land. L`album e`di unico, tanto originale che ad un primo ascolto lascia perplessi. Su tutti Il brano CAROLINA IV e`strabiliante, cambi tempi, riff, melodie sprecate x un solo pezzo, il questo brano c`e` abbastanza materiale x farci su un` intero album. Se non lo avete ancora ascoltato......mi dispiace x Voi non sapete cosa Vi siete persi. CORRETE a procurarvelo.

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 26 set 2015 alle 21:34

DIsco che ho amato (dai Grazioli davvero non ti piaceva? Non l'avrei mai detto...) alla follia... e che amo alla follia. Nothing to say mi fa ancora impazzire. Dal vivo poi in quel periodo erano incredibili, chi li ha visti al Gods of metal prima dei Manowar nel 1996 (mi pare) sa di cosa parlo. Poi il giocattolo si è rotto, troppo in fretta. Matos troppo pieno di sè per dare spazio ad altre persone. Peccato!!! Eh si BRAVISSIMI ANCHE A QUEL GODS !!!!!.........I Manowar potevano anche non suonare dopo che a me non me ne sarebbe fregato nulla ah ah ah

Inserito il 26 set 2015 alle 17:15

10 e lode bacio in bocca

Inserito il 26 set 2015 alle 00:17

DIsco che ho amato (dai Grazioli davvero non ti piaceva? Non l'avrei mai detto...) alla follia... e che amo alla follia. Nothing to say mi fa ancora impazzire. Dal vivo poi in quel periodo erano incredibili, chi li ha visti al Gods of metal prima dei Manowar nel 1996 (mi pare) sa di cosa parlo. Poi il giocattolo si è rotto, troppo in fretta. Matos troppo pieno di sè per dare spazio ad altre persone. Peccato!!!

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